FUORISCHERMO

 

MIAMI VICE
FLYER
Titolo originale: Miami Vice
Regia: Michael Mann
Sceneggiatura: Michael Mann
Montaggio: Paul Rubell, William Goldenberg
Musica: John Murphy (II)
Fotografia: Dion Beebe
Interpreti principali: Colin Farrell, Jamie Foxx, Gong Li, Naomie Harris, Ciarán Hinds
Origine : Usa, 2006
Durata: 140'
Colore





FLYER Prospettiva cinematografica della serie Miami Vice creata nel 1984 da Anthony Yerkovich e prodotta dallo stesso Mann, nella quale ritroviamo i detective-poliziotti, meno glam ma più hard, Sonny Crockett (Collin Farrell) e Ricardo Tubbs (Jamie Foxx) alle prese con un'organizzazione globalizzante di trafficanti di droga, armi e software. L'ultimo film del regista di Collateral e Heat, sintetizza tutti gli ingredienti della famosa serie televisiva, concentrando e frullando ritmo, violenza, action e le riflessioni sulla contaminazione del bene sul male. Miami Vice è un'esemplare sintesi che rielabora il concetto di serialità, tentativo spesso fallito al cinema (vedi Hazzard e Stursky & Hutch), e ricodifica l'eleganza dello stile di Mann dove prevale la forza e la spietatezza dell'immagine, i movimenti frenetici di macchina, l'importanza dell'energia sprigionata dalla musica, la profondità e l'intelligenza nel tratteggiare l'animo umano. Mann riesce perfettamente a calibrare registri e necessità, alternando alla fitta vicenda investigativa, inseguimenti mozzafiato, sparatorie, esplosioni e pure una buona dose di coinvolgimento emotivo dei suoi personaggi (che già in Collateral emergeva ma in tono minore). L'ostinazione ad inseguire e ridefinire i confini di bene e male, conduce Mann a reinterpretare la realtà che è nascosta, camuffata e indefinibile (come quella del killer di Collateral). Un'ossessione che si riflette direttamente nella città di Miami che Mann riprende sempre in digitale sfruttando l'alta definizione. Una città camuffata, che nel tempo si è travestita ed è cambiata, ma sempre calda, zeppa di umidità appiccicosa e minacciata dei tropici. Proprio come i corpi dei suoi detective: sensuali, sporchi e sempre in pericolo.
MATTEO MAZZAMATTEO MAZZA


FLYER In modo meno evidente rispetto a David Lynch o a Gus Van Sant, Michael Mann prosegue con Miami Vice (le cui similitudini-derivazioni dall'omonimo serial finiscono proprio qui, nell'omonimia del titolo) il proprio percorso astratto. L'iperrealismo dello stile è infatti accompagnato da un volontario e progressivo svuotamento della sostanza narrativa, sempre meno al centro dell'attenzione, e dunque sempre più laterale punto di forza. Lo aveva già mostrato in Collateral, film che condivide con questo non solo attore (Jamie Foxx) e tecnica digitale, ma atmosfera, linguaggio e strategie formali. E' così che Mann risolve intelligentemente il patto tra necessità commerciali (la presenza di divi dal poco peso espressivo; l'action degli inseguimenti; l'estrema, in quanto semplificata, fruibilità della storia) ed esigenze d'autore: operando un trattamento squisitamente formale ad una storia esile e convenzionale (là un killer che agisce di notte e che coinvolge nel suo cammino di morte un ignaro tassista, qui due detective infiltrati in un temibile giro di narcotraffico), attraverso la scarnificazione del racconto e il conseguente potenziamento del segno filmico. Miami Vice è tutto infatti nei timbri della luce, nelle atmosfere notturne, nei contrasti chiaroscurali, nei ritmi musicali (ora sincopati, ora compressi, ora dilatati), nelle accellerazioni del battito percettivo, negli scarti della macchina da presa e negli assoluti di un cinemascope che valorizza, elettrizzandoli, i volti, comprimendo il primo piano e allargando l'imbuto infinito alle sue spalle. Cinema-cinema, insomma, dove lo sguardo è fuoco e shot. Romantico, adrenalinico e crepuscolare.
MASSIMO ZANICHELLIMASSIMO ZANICHELLI