FUORISCHERMO

 

IL CONNUBIO MUSICA-VISIVO
IN MIAMI VICE
MIAMI VICE Le luci psichedeliche si alternano sullo sfondo in un frenetico lampeggìo e la ballerina di turno volteggia sensuale seguendo il ritmo. Intorno a lei centinaia di persone agitano i loro corpi allo stesso ritmo, mentre la macchina da presa inquadra i due protagonisti, Colin Farrell alias Sonny Crockett e Jamie Foxx alias Ricardo Tubbs, e la co-protagonista Naomi Harris, gli unici a non ballare o canticchiare. Di che canzone si tratti è subito chiaro per chi è un assiduo fruitore di radio e canali musicali: il pezzo è Numb/Encore, cantato dai Linkin Park con Jay-Z. Il suond metropolitano e metallico ben si adatta con l’ambientazione della pellicola, e l’incipit ci catapulta subito nelle atmosfere notturne e cittadine tanto care al regista Michael Mann. Dura ben più di 5 minuti questa concitata scena, e dopo Numb/Encore (non cercatela nella colonna sonora ufficiale perché non compare nella tracklist) si susseguono rispettivamente Sinnerman (Felix Da Housecat Mix) di Nina Simone, Blacklight Fantasy in versione mixata di Freaky Chakra e Strict machine dei sensuali Goldfrapp, tutte presenti nel cd. Viene subito in mente la discoteca di Collateral, in cui avviene l’incontro/scontro tra il taxista interpretato da Jamie Foxx, l’FBI, il killer di professione Tom Cruise e uno degli obiettivi del killer, che sfocia nella lunga sparatoria in mezzo ai clienti del locale. In questo caso Mann sceglie un solo brano come sottofondo, Ready Steady Go degli Oakenfold, probabilmente per dare maggiore continuità alla narrazione e non interrompere il climax di tensione.
Ci sono altri elementi comuni tra i due film per quanto riguarda il commento sonoro, ovvero la presenza degli Audioslave e di James Newton Howard, quest’ultimo interprete di molti brani della soundtrack di Collateral. Ciò dimostra come il cineasta sia eclettico nei gusti musicali, spaziando tra il rock, il jazz, la techno, il nu-metal e contaminazioni varie tra generi, non disdegnando i remix e gruppi e artisti degli ultimi anni quali i Mogwai e Moby. Non si tratta di un calderone di generi, in nessun film, ma di una scelta mirata ad accompagnare nel miglior modo l’azione e le emozioni insite in ogni scena o più in generale nella pellicola. Se si pensa ad Alì, film del 2002 sul leggendario pugile interpretato da Will Smith (forse non a caso oltre che attore cantante rap di successo), Mann ci immerge totalmente nel mondo e nella cultura afro-americana grazie a nomi del calibro di Aretha Franklin o nuove leve della musica black come Alicia Keys, R. Kelly ed Angie Stone. E anche la scelta di Jay-Z per l’apertura di Miami Vice è più che azzeccata: chi conosce il Jay-Z rapper americano avrà notato le atmosfere glamour e un po’ patinate dei suoi videoclip, con belle ragazze, party e automobili da capogiro (ne è un esempio lampante l’ultimo video Show me what you got). Questo non per dire che il film sia svuotato nel contenuto e attento solo alla forma, ma che le atmosfere di Miami, con le sue ville, il mare e il divertimento notturno sono parte integrante del film e gli conferiscono un fascino particolare. La popolarità della serie televisiva degli anni ’80 è uno degli aspetti con cui Mann ha dovuto confrontarsi, tanto più che il telefilm è sempre farina del suo sacco (e non solo visto che la diresse insieme con Anthony Yerkovich). Nel 1984, anno in cui andò in onda il primo episodio sul canale americano NBC, la serie si impose per lo stile da videoclip, giocato sull’attenzione alla colonna sonora (affidata a Jan Hammer ma con contributi di vari artisti dell’epoca), il montaggio complesso e un particolare look visivo dettato dalla fotografia e dai dettagli quali gli abiti alla moda di Armani. Certi elementi li ha mantenuti anche nella trasposizione cinematografica, non certo gli attori che ai tempi erano Don Johnson nel ruolo di Crockett e Philip Michael Thomas in quello di Tubbs; ha però voluto precisare il fatto di essersi distaccato dal telefilm, adatto ad un pubblico e ad una società quale era quella edonistica e spensierata degli anni ’80. Il lungometraggio è difatti più “sporco e cattivo”, adatto al millennio nel quale viviamo, e anche le musiche si sono adattate in tal senso. A sottolineare però una sorta di continuum, vi è il brano di Phil Collins In the air tonight, che ritroviamo nella versione nu-metal dei Nonpoint, ancora un riferimento alla notte.
Michael Mann con il suo ultimo lavoro ci dimostra l’importanza che riveste il commento sonoro e l’attenzione che pone nei suoi confronti: la musica scorre con la macchina da presa e non è un’aggiunta o un completamento al visivo, ma è intrinseco ad esso. E questo ce l’ha fatto capire fin dalle sue prime pellicole. Difficile dimenticare la scena finale di Manhunter – Frammenti di un omicidio, thriller del 1986 incentrato sulla figura dell’assassino Hannibal-Lecter (divenuta popolarissima grazie al Silenzio degli innocenti qualche anno dopo), ambientata nell’abitazione dello stesso Lecter. Sulle note di In a Gadda Da Vida degli Iron Butterfly, in veste di commento intra-diegetico, avviene l’incontro tra l’agente dell’FBI e il killer, in un crescendo di tensione e di terrore che riesce a trasmettersi in maniera formidabile allo spettatore, catapultandolo prepotentemente dentro lo schermo.