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Titolo originale: Coeurs
Regia: Alain Resnais
Sceneggiatura: Alain Resnais, Jean-Michel Ribes
Montaggio: Hervé de Luze
Musica: Mark Snow
Fotografia: Eric Gautier
Interpreti principali: Sabine Azéma, Lambert Wilson, André Dussollier, Pierre Arditi, Laura Morante, Isabelle Carré
Origine : Francia, Italia, 2006
Durata: 123’
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Sei cuori più le gambe del settimo. Sei personaggi in cerca d’amore. Sei (sette) spasmodici tentativi di uscire da una
condizione di solitudine e di riempire il proprio vuoto affettivo e relazionale. Attraverso strade e canali diversi: la
scelta della casa, banali annunci sui giornali e videocassette di programmi televisivi con sequenze “nascoste”. Tutti
personaggi caratterizzati da un lato “nascosto”, dal lato oscuro della luna tenuto accuratamente sotto il tappeto; ma che
prima o poi, da qualche parte e in qualche modo fuoriesce come elemento di rottura che porta alle più intime delle
rivoluzioni. Forse il miglior film in concorso a Venezia, una grande prova di regia da uno dei maestri del cinema francese.
Garbo, eleganza, misura, tatto, sono solo alcuni degli aggettivi spendibili per questo piccolo grande gioiello di film. La
neve che fiocca lenta e leggera tra un episodio e l’altro, le dissolvenze, la fotografia che sa restituire calore o gelida
distanza ai personaggi e agli oggetti in scena. Un film che riconcilia con lo sguardo e con il piacere di andare al cinema.
DAZEROADIECI:: 8
GIANLUCA CASADEI
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Sei personaggi in cerca d’amore, attraverso gli sguardi, le parole, i corpi e i pensieri. Sei pezzi di vita che si
incrociano, entrano in gioco, si evitano e poi si rimescolano in virtù della forza che tutto muove o frena, spinge o
trattiene, graffia o accarezza. Resnais tratteggia i suoi personaggi con dolcezza svelandone lati oscuri e limiti,
imperfezioni e caratteri unici, sottolineando come, nonostante tutto, chiunque ha paura della solitudine. Un film morbido
come la neve che fiocca di continuo, come le dissolvenze ripetute, come il migliore dei maglioni di lana davanti al
caminetto. Un film che emana un calore necessario e raffinato, capace di scardinare e sciogliere il freddo della mancanza
di comunicazione, il gelo della distanza. E’ una riflessione che nasce dal profondo e che porta lo spettatore anche a
sorridere, ma sempre con l’amaro in bocca, sempre con un occhio puntato alla realtà che si vive e che si deve affrontare.
Senza dimenticare gli altri. Il migliore film visto a Venezia, forse e anche perché i personaggi in origine teatrali,
diventano persone. Vere.
DAZEROADIECI:: 8
MATTEO MAZZA
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Un altro grande vecchio del cinema torna all’appuntamento con lo schermo in una stagione affollata di ottuagenari (De
Oliveira, Altman, Monicelli, Chabrol…). Un’eterna nevicata su una Parigi invisibile, una serie di coppie alle prese con la
dinamica paura/desiderio, più una serie di “terzi”, incomodi e/o perturbanti (il vecchio satiro e dispotico invisibile da
accudire, la donna misteriosa che balla e si spoglia nella videocassetta, la ex rancorosa interpretata dalla Morante).
Resnais fa poco o nulla per nascondere l’origine teatrale ( Private Fears in Public Places di Ackbourn, di cui
Resnais aveva già tradotto per lo schermo Smoking/No Smoking), tra set artificiosi fortemente caratterizzati e il
gioco tra attori, e impagina con manieristica eleganza il puzzle dei desideri e delle solitudini, raccontando le vicende
inanellate dei personaggi, in sé profondamente tristi, con leggerezza di tocco e affettuosa ironia. Tutti bravi gli attori;
un pizzico di simpatia in più per la perplessità ora beata ora disorientata di Dussolier, eroe dello spiazzamento e
dell’imbarazzo ( Il bel matrimonio di Rohmer).
DAZEROADIECI: 7
MAURO CARON
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In una Parigi invisibile e permanentemente innevata – quasi fosse una mistica presenza –, cercano di svolgersi e si annodano
le vite di: Daniel e Nicole [una Laura Morante un po’ insapore e manieristica], Charlotte e Thierry (curiosi, gustosi
colleghi), sua sorella Gaëlle, e il navigato, travagliato barman Lionel (con il padre Arthur in chiaroscuro, di cui si
scorgono solo i piedi).
Storie di cuori, intensi in senso lato, con il loro confuso e lacerato bisogno d’affetto. Nella ricerca di una morale
fragilissima, il film ricorda che le cose della vita sono sempre più complicate di quanto sembrino, anche o soprattutto
sotto il profilo etico.
Resnais e Ribes giocano a smontare e rimontare i personaggi, sotto la probabile, esile eppur solenne presenza di Dio (o chi
per lui), che si manifesta finalmente nella pacificazione del raggio bianco che illumina ogni personaggio nella sequenza
finale, quando svanisce la scenografia multicolore in cui vive tutta la pellicola. Raggio d’assoluzione, un vero e proprio
perdono da Nuovo Testamento.
DAZEROADIECI: 7,5
SAMUEL COGLIATI
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