Se il cinema è stato definito la morte al lavoro,
Valzer con Bashir mostra la memoria al lavoro, dove la memoria è a sua volta una memoria di morte. Da un colloquio (occasionale quanto fatale) con un amico al bar, Folman inizia una ricerca nel proprio passato e nel passato collettivo dei conflitti che insanguinano il Medio Oriente: nel 1982, infatti, si trovava, con altri commilitoni israeliani, nei pressi del campo profughi palestinesi in Libano di Sabra e Chatila, dove tra il 16 e il 18 settembre milizie cristiano-maronite sterminarono centinaia di persone inermi (il numero preciso non è accertato), anche grazie alla complice inazione del governo e dell’esercito israeliano. Di questi tragici fatti Folman, come i propri compagni, ricorda poco o nulla: sono entrati a far parte di una colossale rimozione, di un passato cancellato dalla coscienza che riemerge gradualmente e dolorosamente, come i giovani soldati nudi che emergono dalle acque notturne nei sogni-ricordi di Folman (come altrettanti
cuori di tenebra che ricordano l’
Apocalypse Now coppoliano). Una serie di interviste ad amici e commilitoni, flashback, ricordi e sogni si alternano nella narrazione a disegni animati con cui Folman racconta suggestivamente una drammatica immersione nel cuore nero della guerra; malgrado la tentazione costante dell’autoassoluzione (non sapevo-non ricordo), un’operazione e un film coraggiosi e degni di rispetto.
DAZEROADIECI: 7,5
MAURO CARON