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Titolo originale: Youth Without Youth
Regia: Francis Ford Coppola
Sceneggiatura: Francis Ford Coppola
Montaggio: Walter Murch
Musica: Osvaldo Golijov
Fotografia: Mihai Malaimare Jr.
Interpreti principali: Tim Roth, Alexandra Maria Lara, Bruno Ganz, Marcel Iures.
Origine : Usa 2007
Durata: 124'
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Romania. 1938. Il settantenne Dominic Matei, professore universitario, viene folgorato da un fulmine. Sopravvissuto
miracolosamente al tragico evento, Matei, durante la riabilitazione è protagonista di un evento incredibile: il suo corpo
ringiovanisce con il passare del tempo. Diventato a tutti gli effetti un quarantenne, Matei fa la coscienza di nuove ed
eccezionali capacità mentali. Il ritorno al cinema di Francis Ford Coppola è sintetizzato in uno dei momenti più
spettacolari dell’intero film, quello appunto del fulmine. Questo è un film che entra nel corpo dello spettatore, non solo
negli occhi, e lo invade tutto, scava nell’animo, nei ricordi, nella vita di ciascuno. E’ un film che indaga l’ossessione
massima di Coppola: il tempo. Una costante indefinibile, un agente condizionante, un personaggio che vive e muove le pedine
di una vicenda complessa ma non troppo come si vuole fare credere. In fondo è il tempo il vero protagonista di tutto. Meno
ancora dell’amore, meno ancora di Tim Roth che qui è oltre l’essere attore. Qui, l’attore e l’immagine diventano il tempo.
Perduto, ritrovato, vissuto e immaginato. Un film che non nasconde limiti e stonature, incomprensioni e interrogativi. Che,
forse, non è perfetto e non si avvicina ad altre grandi produzioni firmate da Coppola. Eppure un film molto sentito,
partecipato, intimo.
DAZEROADIECI:: 6,5
MATTEO MAZZA
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Coppola da anni non girava un film, impegnato a produrre vino nei suoi vigneti californiani. Il suo ritorno è bizzarro:
sceglie di portare sullo schermo un romanzo problematico e iniziatico di Mircea Eliade, mette in piedi una produzione
indipendente a partecipazione rumena, e costruisce un film strano ed erratico, che attraversa paesi, temi, fili narrativi.
La presenza di Tim Roth, l’ambizione di raccontare il ‘900 attraverso l’ottica di un personaggio eccentrico e marginale,
comune e straordinario nello stesso tempo, e certo barocchismo narrativo (presente qui più nell’accumulo narrativo che
nello stile di ripresa) lo fanno assomigliare al Novecento di Baricco/Tornatore. Ma il risultato, e lo dice uno che
considera Coppola autore di capolavori del cinema contemporaneo quali Apocalypse Now o La conversazione, è
sconcertante, e non in senso positivo. Roth al di fuori dei suoi ruoli di cattivo perfido e gelido non mi ha mai convinto,
l’accozzaglia dei temi non mi sembra conduca da nessuna parte, il simbolismo è a buon mercato, e il film tocca più e più
volte (probabilmente consapevolmente – come fa anche Rohmer in Astrea e Celadon) i tasti del grottesco e del kitsch
e del ridicolo nel drammatico (da antologia la scena in cui il protagonista sbobina in geroglifico). Di fronte al risultato
complessivo dell’operazione, andare a ricercare col lanternino la sequenza riuscita o a recuperare e squadernare qualche
senso sfiorato e involuto mi sembra un’operazione tutto sommato oziosa.
DAZEROADIECI: 5
MAURO CARON
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Nella Romania del 1938, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, il settantenne professore Dominic Matei, colpito da un
fulmine, ringiovanisce, ridiventando un quarantenne. Dovrà lasciare il suo paese, inseguito dai nazisti interessati a
questo straordinario fenomeno, avventurandosi in un lungo viaggio alla ricerca dell'amore perduto e, forse, del senso delle
cose. Coppola, tornato a girare un film dopo dieci anni (l'ultimo era L'uomo della pioggia, 1997), mescola Mircea
Eliade e Eric Ambler, il racconto filosofico e il noir, il road movie al thriller spionistico, le
Upanishad e Il ritratto di Dorian Gray, l'eterno ritorno e il dualismo, in un pastiche narrativo che fatica
a dipanare e soprattutto a rendere avvicente. L'intrico di segni e allegorie (il fulmine che squarcia il destino, il
ritorno al passato, le lingue morte) accusa momenti a volte imbarazzanti (le reincarnazioni di Veronica Bühler, la
rappresentazione del doppio, la simbologia delle rose), e tanto manierismo stilistico. L'onestà dell'operazione non salva
il film dalla sterilità. Che fine ha fatto il grande Francis Coppola? Verrebbe più voglia di parlare di Tim Roth, attore
mai banale, qui in un'altra interpretazione magistrale, con una filmografia discontinua ma non prevedibile alle spalle
(tra le cose più note ricordiamo Le iene, La leggenda del pianista sull'oceno, Planet of the Apes, Non bussare alla mia
porta) e uno dei pochi della sua generazione ad aver firmato, nell'unica avventura da regista, un film tanto audace
quanto difficile da dimenticare ( Zona di guerra, 1998).
DAZEROADIECI:: 6
MASSIMO ZANICHELLI
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