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Titolo originale: Nue propriété
Regia: Joachim Lafosse
Sceneggiatura: Joachim Lafosse, François Pirot
Montaggio: Sophie Vercruysse
Musica:
Fotografia: Hichame Alaouié
Interpreti principali: Isabelle Huppert, Jérémie Renier, Yannick Renier, Kris Cuppens, Raphaëlle Lubansu, Patrick Descamps
Origine : Belgio, Lussemburgo, Francia 2006
Durata: 92’
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Nei festival internazionali del 2006 erano girati due film di Lafosse: se in Ça rend hereux (dove si racconta di un
regista che gira un film e il film che gira sarà poi quello che noi vedremo sullo schermo - non senza polemiche sulla
difficoltà di emergere provenendo da una cinematografia minore com’è quella belga – ma il discorso è simile in molti altri
contesti), il tono è quello del divertissement intellettuale, con Nue propriété si torna ai toni drammatici
del suo celebrato Folie privée (chi l’ha visto in Italia? vedi polemica di cui sopra). Una donna e i suoi due figli
in una casa colonica; i figli sono grandi ma non sanno bene cosa fare della propria vita; la madre, divorziata e in perenne
conflitto con l’ex-marito, ha un nuovo compagno che la spinge a vendere la casa per trasferirsi altrove. Ma i figli si
oppongono ai suoi progetti di emancipazione: la tensione psicologica sale fino a livelli drammatici in una serie di scene
di vita quotidiana e famigliare (spesso i protagonisti sono a tavola a mangiare) e all’interno di una messa in scena
sobria, spoglia, che mantiene le distanze dai personaggi (molto bello il camera car finale che si allontana
definitivamente dalla casa di famiglia). Isabelle Huppert, al centro del trittico famigliare come una madonna laica e
contemporanea, algida e contraddittoria, fornisce un’altra delle sue interpretazioni, insieme tipiche e straordinarie.
DAZEROADIECI: 8,5
MAURO CARON
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Belgio. Pascale vive in una fattoria con i suoi due figli gemelli. E' stanca della tensione che si accumula come polvere
sulla sua esistenza. Soffre per l'assenza di un nucleo familiare stabile, costruito, edificato e resistente. Divorziata, è
spinta dal suo amante a vendere la dimora per trovare nuovi stimoli. Decisione sofferta e mai accettata dai suoi figli.
Lafosse realizza un film spigolo, amaro, sofferto e crudo. E' un ritratto aspro e pluriangolare di una famiglia che vive e
a tratti sopravvive. Sembra di assistere ad un cinema fatto di finzione ma che vuole raccontare la realtà intima,
circoscritta, nascosta. E' la famiglia il personaggio guida: con le sue incomprensioni e i suoi limiti, i suoi segreti e
le sue piccole felicità. Un luogo relazionale rappresentato da un altro luogo, più metaforico, come la casa/fattoria dove
i figli crescono selvaticamente. Emerge poi un aspetto cinematografico importante: Lo sguardo di Lafosse punge con una
ripresa asciutta, rarefatta e sembra sottolineare come i momenti conviviali, a tavola, tutti insieme, rappresentino
l'umore e la condizione vera che attraversa, o perfora, la famiglia. Uno dei migliori film di Venezia 63, con la solita,
immensa, Isabelle Huppert.
DAZEROADIECI:: 8
MATTEO MAZZA
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