FUORISCHERMO

 

PA-RA-DA
FLYER
Titolo originale: Pa-ra-da
Regia: Marco Pontecorvo
Sceneggiatura: Marco Pontecorvo, Roberto Tiraboschi
Montaggio: Alessio Doglione
Musica: Andrea Guerra
Fotografia: Vincenzo Carpineta
Interpreti principali: Jalil Lespert, Daniele Formica, Evita Ciri, Gabi Rauta, Patrice Juiff, Bruno Abraham Kremer, Gabriel Rauta.
Origine : Italia, Francia, Romania - 2008
Durata: 100'

FLYER La storia, vera, è quella di Miloud Oukili, clown francese di strada che visse in mezzo ai boskettari di Bucarest, quando a Bucarest, dopo la caduta del regime di Ceausescu, i bambini venivano dimenticati dal mondo e finivano sotto il mondo. La storia, vera (si ribadisce) è raccontata con grazia e intelligenza da Marco Pontecorvo, figlio di Gillo, con mano documentaristica tra sguardi affettuosi, meschini tranelli e semplicità. Il film è costruito seguendo due binari. Il primo è quello del percorso interiore, del viaggio, di Miloud; il secondo traccia il profilo delle relazioni, degli incontri, della scoperta, della fatica a comunicare, a capirsi, del condividere. Un film bello perché insegue il bello dove il brutto ha raso al suolo tutto. Soprattutto la speranza. Un film, quindi, fatto con la speranza che possa essere visto da tutti. Perché i grandi possano sentirsi educatori dei lori figli e i figli possano ancora credere che alcuni posti e alcune persone fanno sentire più vivi. Come ricorda Miloud…
DAZEROADIECI:: 8
MATTEO MAZZAMATTEO MAZZA


FLYER Esiste qualcosa di peggio del sentimento a buon mercato? Di un clown idealista e volenteroso che lotta strenuamente per salvare i boskettari di Bucarest? Il film di Marco Pontercorvo, ispirato alla figura di Miloud Oukili, artista di strada e fondatore dell’associazione umanitaria PARADA, assomiglia all’adattamento di un Harmony scritto dal peggior epigono di Dickens: l’irritante melensaggine della trama tesse i fili del perfetto ricatto morale. Una pellicola inutile, insomma (come la maggior parte dei biopic), affossata da una recitazione inconsistente, volta unicamente a strappare lacrime allo spettatore, e da un approccio registico stilisticamente conformista, caratterizzato da un uso eccessivo e pedestre della “macchina a mano”. Si rievoca l’annosa questione: non era meglio girare un documentario?
DAZEROADIECI:: 4
DIEGO CAVALLOTTIDIEGO CAVALLOTTI