FUORISCHERMO

 

NUOVOMONDO
FLYER
Titolo originale: Nuovomondo
Regia: Emanuele Crialese
Sceneggiatura: Emanuele Crialese
Montaggio: Maryline Monthieux
Musica: Antonio Castrignanò
Fotografia: Agnès Godard
Interpreti principali: Vincenzo Amato, Francesco Casisa, Charlotte Gainsbourg, Filippo Pucillo, Aurora Quattrocchi
Origine : Francia / Italia, 2006
Durata: 112'
Colore





FLYER Dopo il notevole Respiro (i giurati di Venezia, che hanno premiato Nuovomondo con il Leone d'Argento "Rivelazione", non se n'erano forse accorti?), Emanuele Crialese, di gran lunga il regista più ispirato e talentuoso- con Matteo Garrone - della nuova generazione, offre un'altra considerevole prova del suo estro visionario con un film non nuovo nella storia (l'esodo di una famiglia siciliana verso il "new world" americano) ma decisamente originale nell'impianto e nella forma. Un inizio rupestre, dall'alto, con padre e figlio in solitaria scalata verso la solennità sacrificale di una preghiera in odore di vaticinio. Un finale, sempre a piombo, che mostra i sopravvissuti del lungo viaggio navigare a vista in un mare lattiginoso, dentro lo spazio (o meglio la cornice) di un sogno, di una favola o di una visione. Il viaggio è interamente visto "da dentro", e tutto ante quem, prima cioè dell'approdo finale alla terra promessa. Si parte dalla Sicilia più intima e atavica, al contempo ignorante e pura, dove non si sono ancora spenti i riferimenti arcaici e colti alla cultura artistica che trasuda da personaggi, colori e situazioni in modo spontaneo e naturale (i corpi greci, i ragazzi di strada di Caravaggio). Poi nella pancia della nave, dove il respiro si fa più corale, ma non meno rigoroso e potente, sempre dominato da plongée e sguardo fisso, e dove un sound design dai rumori cavernosi e metallici accresce pathos e potenza come è raro vedere nel cinema italiano. E infine al cospetto degli esaminatori americani di Ellis Island, nella parte più comica e crudele del film, dove si decide chi rimane, ed è ammeso, e chi invece deve ripartire per tornare a casa. Negli anfratti di questo periglioso tragitto del corpo e della mente, si fanno strada momenti privilegiati di rottura del reale, isole immaginifiche di sogni premonitori e fantasie musicali, muti per purezza filmica, diafani per miraggio e irrealtà.
MASSIMO ZANICHELLIMASSIMO ZANICHELLI


FLYER Il nuovomondo è una terra, ma più di tutto è una condizione, una speranza, un obiettivo. Gli uomini e le donne raccontati da Crialese, che conferma un'innovativo talento visionario dopo l'opera prima Respiro, sono alla ricerca di un cambiamento, di una nuova dimensione in cui vivere e, possibilmente, prosperare. Tutto però è fermo al pensiero, all'immaginazione. Gli sguardi si proiettano oltre la linea dell'orizzonte e si perdono nel mare creando immagini pure, salvifiche, materne. Questo è quello che interessa a Crialese: lo sguardo e l'immagine. Il suo viaggio sfrutta un'intreccio semplice (una famiglia emigrante siciliana affronta il lungo viaggio verso New York, all'inizio del XX secolo) per concentrarsi sui particolari, sui dettagli dell'incontro, sulla scoperta di cose nuove, di posti nuovi, di modi di comunicare nuovi. Crialese è sulla pelle dei suoi uomini che si trasformano, abbandonano il Vecchio Mondo e approdano a nuova vita, nel mondo moderno. Un racconto limpido, tenero e sincero, che accantona qualsiasi tipo di riferimento morale, politico o storico e accende la propria fantasia a partire dagli occhi, dalle parole e dai pensieri. Leone d'argento come film rivelazione a Venezia 63.
MATTEO MAZZAMATTEO MAZZA


FLYER Sicilia, primi del ‘900. Crialese (autore del bel Respiro che il pubblico se l’era conquistato con le unghie e con i denti) ci ricorda di quando gli extra che si imbarcavano sulle carrette sul mare alla ricerca di un mondo migliore eravamo noi italiani, e fa partire una famiglia di contadini siciliani con le navi di emigranti alla volta dell’America, dove gli ortaggi sono ciclopici e i piccioli crescono sugli alberi (premonizione per un film che potrebbe andare ad Hollywood a lottare per l’Oscar?). Ma il Nuovo Mondo non è mai così accogliente come spera chi parte… E’ strano vedere come Crialese cerchi tutto da solo di rendersi la vita difficile, facendo parlare al film un siciliano stretto che ci vogliono i sottotitoli, e inserendo in modo tuttaltro che marginale sequenze d’impianto surreale. Il contrasto tra realismo e stilizzazione non sempre funziona, e se ci sono sequenze visivamente e concettualmente stupende come quella della partenza della nave, con la folla che si fende tra chi parte e chi resta, le parti del film che funziona meglio sono quelle in cui i personaggi si conquistano un proprio spazio e una propria storia; rimane il rimpianto per il film che avrebbe potuto essere: sicuramente meno originale ma più vivo e godibile.
MAURO CARONMAURO CARON


FLYER Ritmi e melodie salentine macchiate da incursioni afro-balcaniche fino ad arrivare all’America Nera. Percorrono questa linea “migrante” i suoni di Nuovomondo. Il loro esecutore primario è Antonio Castrignanò, un “eroe per caso”, reclutato inizialmente per recitare la parte dell’emigrante cantore durante il viaggio verso la “terra promessa”, e diventato, in seguito, curatore della colonna sonora ufficiale. Il percussionista Castrignanò non è uno sconosciuto per chi ha già vissuto i febbrili spettacoli della “Notte della Taranta” ed in questo lavoro miscela con abilità ed equilibrio la tradizione popolare con “modernità world music”. Sonorità intense e poetiche (splendida la sequenza dell’inseguimento di sguardi sulla nave tra Salvatore e la misteriosa Lucy), che incontreranno ad Ellis Island la “voce profetica” di Nina Simone («it's an old world, it's a new world it's a bold world for me» – Feeling good). E sarà ancora la leggendaria cantante americana (che, paradossalmente, lasciò il “Nuovomondo” per tornare in Africa) ad accompagnare l’ingresso in America dei “prescelti”, nella suggestiva nuotata liberatoria nei fiumi di latte. («Oh Sinnerman, where you gonna run to? » - Sinnerman). Ed ascoltando i ritmi palpitanti di questa canzone è facile riportare alla mente la “stornellata” cantata sul ponte della nave durante il viaggio. Il cerchio si chiude: dal vecchio al nuovo mondo.
MANUEL GIACOMINIMANUEL GIACOMINI