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Titolo originale: Letters from Iwo Jima
Regia: Clint Eastwood
Sceneggiatura: Iris Yamashita, dall'opera di Tadamichi Kuribayashi
Montaggio: Joel Cox, Gary D. Roach
Musica: Kyle Eastwood, Michael Stevens
Fotografia: Tom Stern
Interpreti principali: Ken Watanabe, Kazunari Ninomiya, Shido Nakamura, Tsuyoshi Ihara, Ryo Kase, Yuki Matsuzaki, Hiroshi Watanabe, Takumi Bando
Origine : Usa, 2006
Durata: 140'
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Lenta preparazione alla guerra, tanta strategia, molta cura dei particolari, e poi via velocemente alle armi per battersi
contro il nemico tanto odiato! Nasce e cresce così la rivisitazione della guerra di Iwo Jima compiuta da Clint
Eastwood che, questa volta racconta la vicenda dal punto di vista della resistenza nipponica. Si parte con il ritrovamento
delle lettere sepolte da alcuni soldati giapponesi durante il conflitto e poi si viaggia indietro nel tempo, scoprendo un
punto di vista sicuramente troppo spesso escluso dal pensiero occidentale, quello della difesa dell’impero del sol levante
dagli attacchi USA. Il risultato? Ottimo.
Eastwood è stato abilissimo a dar vita ad un film raffinato e brutale allo stesso tempo, senza risparmiare un filo di morale
anti-guerra, riuscendo peraltro a non cadere nella mediocrità. Sprofonda nella banalità, a mio avviso, con alcuni
flashback troppo fuori luogo, unica lampante pecca della narrazione. Nonostante questo idea magnifica, cast d’eccezione,
fotografia e musiche impeccabili. Il racconto, soprattutto all’inizio, è molto lento, ma necessario per trasmettere
sensazioni diverse, come diverso è proprio questo film. Recitato in giapponese da attori giapponesi ed interamente
sottotitolato: c’è chi non sopporta il sottotitolo e chi lo ama perché avvicina al vero e al vissuto. Come sempre de
gustibus.
DAZEROADIECI:: 8
SAMUELE TRAMONTANO
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Clint Eastwood, deposte definitivamente la Colt del western-spaghetti e la Magnum 44 dell’ispettore Callaghan,
riconosciuto ormai unanimemente come uno dei grandi autori americani contemporanei, compie un’operazione
cinematograficamente inedita, rivoltando la prospettiva del suo Flags of our Fathers e ri-raccontando la battaglia
di Iwo Jima dalla prospettiva opposta, cioè quella dei soldati giapponesi che difendono l’ultima isola che sbarra il passo
dell’avanzata americana nel Pacifico verso il “continente” giapponese. Lo fa con un film chiuso e rigoroso, distribuito in
tutto il mondo in edizione originale con sottotitoli, praticamente monocromatico (nella componente livida e tetra
“stonano” solo i rossi delle esplosioni o del sangue), in gran parte ambientato nel buio delle gallerie scavate a scopo
difensivo nei fianchi dei rilievi dell’isolotto vulcanico. Nel dittico Eastwood distribuisce fanatici, incompetenti e
carogne da una parte e dall’altra (guarda caso i Giapponesi migliori sono quelli che hanno conosciuto la grande America,
ma in chiave positiva si può dire che sono quelli che sono usciti da un isolazionismo nazionale e culturale che riguarda
entrambi i contendenti), ma la poetica che gli interessa esprimere è quella di una pietas che accomuna tutti i
combattenti, da una parte e dall’altra, un umanesimo che affratella tutti gli uomini al di là delle appartenenze
geografico-politiche e dalle contingenze storiche. Le lettere che scrivono i ragazzi americani in fondo non sono diverse
da quelle che scrivono i loro coetanei giapponesi, entrambi impegnati nel tentativo di massacrarsi a vicenda.
DAZEROADIECI: 7,5
MAURO CARON
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