Titolo originale: La sconosciuta Regia: Giuseppe Tornatore Sceneggiatura: Montaggio: Massimo Quaglia Musica: Ennio Morricone Fotografia: Fabio Zamarion Interpreti principali: Kseniya Rappoport, Michele Placido, Claudia Gerini, Piera Degli Esposti, Alessandro Haber Origine : Francia, Italia, 2006 Durata: 118'
Irena, una ragazza Ucraina, giunge a Trieste dopo essere scappata dal Sud Italia. Dopo aver trovato lavoro in un palazzo del
centro della città, diventa la domestica di casa Adacher, una ricca famiglia di orafi. Irena si prende cura di Tea, la
bambina degli Adacher, e si fa accogliere come una vera e propria tata premurosa e affettuosa. Ma la vita di Irena è piena
di ombre e incubi, incatenata ad un passato troppo diffiicile da superare.
Dopo sei anni Tornatore torna con il suo cinema carico di visioni iperboliche, immagini poetiche e storie malinconiche.
Scandito ininterrottamente dalla musica di Morricone, il film racconta la vita di una donna bloccata tra le ossessioni del
presente e gli incubi del passato, in continuo viaggio, in costante cambiamento per la redenzione. Irena è in ricerca per
espiare i propri peccati, per scoprire la verità, per trovare la salvezza. La sconosciuta è forse anche un film
sull'Italia, ritratta con le sue paure e imbrigliata nelle relazioni con l'altro. Tornatore amplifica tutto, anche quel non
detto che dovrebbe evaporare dalle immagini. A cominciare da quel "cadi e impara a rialzarti", messaggio narrativo e forse
allegoria di un discorso più vasto. Dell'Italia o del (suo) cinema. MATTEO MAZZA
Cosa vuol dire vivere il presente con l’ossessione del passato? Cosa, tentare di allontanare un incubo sempre vivo nel
ricordo? E il trovarsi nuovamente faccia a faccia con lui? Lo racconta Giuseppe Tornatore nel suo nuovo lavoro con la
storia di Irena, ragazza ucraina, fuggita dal Sud Italia con la speranza di chiudere i conti con l’irrompente passato
scoprendone la verità, e di raggiungere una possibile salvezza.
Diverse sequenze temporali che trafiggono lo schermo, scene e toni cupi, musiche (E. Morricone) e ritmi incalzanti che
catturano lo spettatore fino all’ultima battuta.
Questi sono alcuni degli “eccessivi” strumenti utilizzati da Tornatore nell’intento di descrivere una vita segnata da un
drammatico percorso.
Intento raggiunto in maniera efficace grazie anche ad una adeguata interpretazione di Xenia Rappoport, protagonista capace
di coinvolgere il pubblico in ogni istante del film, e di Michele Placido, completamente trasformato nei panni del suo
aguzzino.
DAZEROADIECI: 7 ELENA CATANIA
Mantenuto il più stretto riserbo sulla storia del film fino alla sua uscita, Tornatore svela finalmente le sue carte: e sono
quelle di un cinema dalle tinte molto forti, un feuilleton che gioca con i generi tra i più sanguigni e popolari, come il
thriller e il melodramma. I temi sociali pur presenti nella fabula (lo sfruttamento delle ragazze provenienti da Paesi
poveri: qui la protagonista è prima ridotta in schiavitù per essere prostituita, poi trasformata in una macchina
sforna-figli da vendere ai migliori offerenti), passano decisamente in secondo piano, sommersi dall’enfasi dei toni e dalla
marea della colonna sonora ultra-hitchcockiana che contribuisce a tenere alta la tensione di un racconto a mosaico in cui
le tessere sono abilmente mescolate in modo da svelare i misteri della storia il più tardi possibile (non senza riassuntino
finale per tranquillizzare gli spettatori più inesperti o disattenti). Tra cose già viste (chiamiamole citazioni?),
qualche sbavatura, e qualche bella trovata (come il cattivo nudo come un verme di Placido), il film riesce a mantenere un
equilibrio barocco e una solida aria da racconto popolare.
DAZEROADIECI: 6,5 MAURO CARON