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Titolo originale: L'aria salata
Regia: Alessandro Angelini
Sceneggiatura: Alessandro Angelini, Angelo Carbone
Montaggio: Massimo Fiocchi
Musica: Luca Tozzi
Fotografia: Arnaldo Catinari
Interpreti principali: Giorgio Pasotti, Giorgio Colangeli, Michela Cescon, Katy Louise Saunders, Sergio Solli
Origine : Italia, 2006
Durata: 87'
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Fabio, educatore nel carcere di Rebibbia scopre che il nuovo detenuto è suo padre, sparito (o fatto sparire) vent’anni
prima. Ottimo esordio alla regia di Angelini con un film concentrato sul rapporto padre/figlio che ha il merito di
raccontare, inoltre, anche una porzione della quasi sconosciuta realtà carceraria italiana. Grazie a una macchina da presa
che spesso e volentieri si sofferma sulla psicologia del rapporto attraverso strettissimi primi piani, Angelini ottiene
una grande intensità nella recitazione soprattutto da parte del meritatamente premiato (a Roma) Colangeli; Pasotti,
altresì, appare un po’ sopra le righe. Peccato per il finale, brusco, “strappato” e poco credibile, perché si ha la
sensazione che non sapesse come dipanare la complicata matassa nella quale si era avventurato.
DAZEROADIECI:7
GIANLUCA CASADEI
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Angelini firma un’opera prima sobria e asciutta, ruvida nell’approccio alla storia e nello stile di racconto, ripresa e
fotografia. Un giovane educatore carcerario riconosce un giorno tra i nuovi detenuti affidatigli il padre, che, dopo
essersi macchiato di un omicidio, aveva abbandonato la famiglia tanto tempo fa. E’ il padre che non aveva mai avuto, che
gli era sempre mancato e che forse ora ha ritrovato troppo tardi. Il confronto è duro, scabroso, tra un figlio pieno di
risentimento e un padre indurito dalla vita che ritiene di non avere più niente a che fare con figli abbandonati troppo
tempo fa; in più ci si mettono di mezzo i rapporti di potere all’interno della struttura concentrazionaria del carcere e
l’orgoglio del giovane, che, convinto (probabilmente a ragione) di essersi fatto da solo, mette in crisi anche la relazione
sentimentale con una ragazza più ricca e fortunata di lui. Il polso registico è fermo ed evita gli sbandamenti
melodrammatici (possibilissimi) da talk show pomeridiano, la fotografia è ruvida e sporca come si conviene, le
interpretazioni di buon livello, con una nota di eccellenza per il “duro” di Colangeli; stupisce un po’ il finale “chiuso”
e tragico in coda ad una storia che forse poteva rimanere aperta. Una curiosità: nella colonna sonora (e nei trailers) un
brano di Antony and the Johnsons, già presenti in questa stessa stagione nella colonna sonora di un altro film italiano,
L’amico di famiglia di Sorrentino.
DAZEROADIECI: 7
MAURO CARON
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