FUORISCHERMO

 

LA PROMESSA DELL'ASSASSINO
FLYER
Titolo originale: Eastern promises
Regia: David Cronenberg
Sceneggiatura: Steve Knight
Montaggio: Ronald Sanders
Musica: Howard Shore
Fotografia: Peter Suschitzky
Interpreti principali: Viggo Mortensen, Naomi Watts, Vincent Cassel, Armin Mueller-Stahl, Sinéad Cusack, Jerzy Skolimowski.
Origine : Gran Bretagna, Canada, 2007
Durata: 100'

FLYER Il virulento, questa volta, è la mafia russa. Cronenberg si sente a proprio agio e racconta una nuova forma del suo cinema contaminato, evasivo, invasivo, convulso, corporale. Eastern Promises guarda l’outside allo stesso modo dell’inside. Dentro e fuori, come da sempre racconta l’idea di cinema di Cronenberg, divisa in due, fratta, sezionata, schierata. Da una parte la scelta del corpo e la sua personale linea/barriera della vita, identificata da segni precisi e indelebili come i tatuaggi che testimoniano; dall’altra parte la scelta della mente, del cuore e dei sentimenti, della ragione e del pensiero, della strategia e dell’invettiva. E’ un cinema che non aspetta altro che mostrare il contatto (lo scontro e l’incontro) di queste due metà fatte per stare insieme e ribellarsi e mescolarsi, fatte per mettere in luce l’ambiguità di fondo dell’essere umano, creatura in bilico tra bene e male, buio e luce. Un film generato sui contatti fisici, gli sguardi strappati, il desiderio di capire cosa sia la giustizia, il tempo, la vita. Un film penetrante, romantico, sovversivo, selvaggio, prospettico.
DAZEROADIECI:: 8
MATTEO MAZZAMATTEO MAZZA


FLYER Prosecuzione ideale del sopravvalutato A History of Violence, con il quale forma una specie di dittico per storia, atmosfera e personaggi (e non ultimo la presenza di un Viggo Mortensen dispensatore di morte), Eastern Promises (i distributori italiani non hanno pensato a niente di meglio di un titolo da fumetto Bonelli) è parimenti feroce, ma più serrato nel ritmo, compatto nella struttura e meno pretestuoso a livello narrativo, pur non nascondendo certe falle nello script, come nei - prevedibili - colpi di scena e in un finale un po' frettoloso e forse troppo ellittico. Atmosfera plumbea, attori efficaci (con un Armin Mueller-Stahl da applauso), inquadrature implacabili e un ritratto antropologico - quella dei Vory v Zakone, la mafia russa londinese - che mette i brividi. Cronenberg concentra la sua attenzione sui corpi martoriati, usa luce e inquadratura come un bisturi, regala una scena al coltello d'antologia, ma è cambiato: sembra sperimentare le proprie ossessioni all'interno del cinema di genere, ma i tempi di Videodrome, Inseparabili e Il pasto nudo (tanto per citare qualche titolo) sono davvero lontani.
DAZEROADIECI:: 7
MASSIMO ZANICHELLIMASSIMO ZANICHELLI


FLYER In una Londra cupa e inerte, Cronenberg racconta le vicende di una famiglia mafiosa russa governata da regole gerarchiche, condannata da un gioco in cui il più debole è destinato ad essere sopraffatto. Dopo History of violence un’altra indagine sulla violenza nella sua più intima essenza: cruda e verosimile. In questo disegno sanguinario, immediato, brutalmente attuale la storia di legami di sangue e identità, è incisa da Cronenberg ossessivamente sul corpo dei propri personaggi con ferite, cicatrici e tatuaggi che ne stigmatizzano il passato e ne celebrano il presente. Un film duro ed intriso di dolore, come sottolinea la ricerca della fotografia tendente al nero o al rosso. Eastern promises è un racconto morale che conduce ai limiti dell’ipocrisia umana. Uno scontro tra mondo torbido e “normale”.
DAZEROADIECI: 8
VANESSA MERATIVANESSA MERATI


FLYER Il canadese Cronenberg racconta una storia di mafia russa ambientata a Londra e interpretata da un americano di origine danese e da un’inglese cresciuta in Australia. La linea è quella già iniziata con A History Of Violence (in una prospettiva speculare: là si scopriva che il buono era anche un po’ cattivo, qui l’inverso), cioè un ripiegamento dell’autore verso storie violente inquadrate in un contesto di genere. Ed è una linea involutiva. Cronenberg sparge tocchi di cattiveria, accenna ad alcuni dei suoi temi tipici (l’identità, il corpo, la maternità), e concede un eccezionale numero di Viggo Mortensen (che vale il prezzo del biglietto) che con il corpo completamente nudo, tatuato, lacerato e insanguinato si batte in una sauna con due killer armati di coltello. Ma sembra non esserci più quella forza disturbante e visionaria, quella capacità ballardiana di raccogliere gli stimoli di un’antropologia fantastica e borderline che ridisegnava in maniera inquietante i confini dell’umano e che rendeva ogni suo film (riuscito o meno che fosse) un’opera unica, inconfondibile, inimitabile, indimenticabile.
DAZEROADIECI: 6,5
MAURO CARONMAURO CARON