Titolo originale: La moustache Regia: Emmanuel Carrère Sceneggiatura: Emmanuel Carrère, Jérôme Beaujour, da un romanzo di Emmanuel Carrère Montaggio: Camille Cotte Musica: Fotografia: Patrick Blossier Interpreti principali: Vincent Lindon, Emmanuelle Devos, Mathieu Amalric, Hippolyte Girardot, Cylia Malki, Macha
Polikarpova, Fantine Camus Origine : Francia, 2005 Durata: 86'
Colore
Lui (uno straordinario Vincent Lindon), decide di tagliarsi i baffi dopo anni, ma nessuno se ne accorge: né la moglie Agnès
(la Emmanuele Devos di Sulle mie labbra, Tutti i battiti del mio cuore e L'avversario, quest'ultimo
tratto proprio da un libro di Carrère), né gli amici, né i colleghi di lavoro. Anzi tutti affermano di averlo sempre visto
senza. Da questo incipit tra Pirandello e Gogol, il romanziere Emmanuel Carrère (La settimana bianca, Facciamo
un gioco) esordisce come regista, adattando il suo romanzo La moustache (in italiano Baffi), ma
cambiandone radicalmente il finale (qui decisamente più aperto). Tra sospetti personali, ombre accennate di psicopatologia
e crepe inquietanti che si aprono nel tessuto della realtà, il film di Carrère oltrepassa brillantemente l'ostacolo
rappresentato del passaggio parola-immagine, caricando di ambiguità il segno filmico attraverso un montaggio ellittico e
asidentico che privilegia le transizioni dei raccordi e degli stacchi; lunghe dissolvenze che sanciscono l'oscuramento
della realtà e dell'intelligibile; e un sound design degno di Bresson. Tra vertigini ontologiche e squarci di grande
cinema (la prima parte, l'arrivo ad Hong Kong) un debutto che non si dimentica. MASSIMO ZANICHELLI
Emmanuel Carrère, romanziere e sceneggiatore soprattutto televisivo – ma anche biografo di Philip Dick -, trasporta sullo
schermo il proprio romanzo (La moustache, cioè “i baffi”, così come suona anche il titolo originale del film), dando
volti e corpi ad un apologo pirandelliano sull’identità, sull’essere e l’apparire agli altri, sul solipsismo di mondi
psichici che possono improvvisamente rivelarsi inconciliabili. Il nodo della questione qui avvince in un una sorta di
serrato corpo-a-corpo psicologico il protagonista, un uomo maturo e realizzato, felicemente sposato e con una buona
posizione sociale, e la moglie: quando l’uomo, semplicemente, si rade i baffi, si crea un’incrinatura che minaccia anni di
tranquillo ménage coniugale, l’equilibrio psichico dei protagonisti, e l’affidabilità stessa del mondo;
l’incrinatura diventa rapidamente un baratro che tutto inghiotte, e dove le stesse coordinate spaziali e temporali vengono
messe in crisi. Il film ha due interpreti efficaci, e inietta una crescente inquietudine mediante una narrazione insieme
realistica ed elusiva. Lasciando un senso di insoddisfazione: come il suo protagonista, va sempre più alla deriva, e non
giunge a nessun approdo. Che è, indubitabilmente, quanto Carrère si proponeva. MAURO CARON