Titolo originale: L'ivresse du pouvoir Regia: Claude Chabrol Sceneggiatura: Odile Barski, Claude Chabrol Montaggio: Monique Fardoulis Musica: Matthieu Chabrol Fotografia: Eduardo Serra Interpreti principali: Isabelle Huppert, François Berléand, Patrick Bruel, Robin Renucci, Marilyne Canto Origine : Francia, Italia, Usa, 2006 Durata: 110'
Il regista Claude Chabrol e l'attrice Isabelle Huppert, sua musa ispiratrice, ancora una volta insieme. La loro filmografia
incrociata conta diverse opere importanti (Violette Nozière, Un affare di donne, Il buio nella mente, Grazie per la
cioccolata), ma La commedia del potere non sembra decisamente tra questi. Huppert è un inflessibile giudice
istruttore (il cui nome, Jeanne Charmant-Killman, è tutto un programma) che prende di mira un noto industriale reo
di aver fatto il furbo con il denaro pubblico. Il potere - come suggerisce il titolo originale, L'ivresse du pouvoir
- le conferirà una sorta di algida ebbrezza, mentre la sua vita privata scricchiola e i potenti decideranno di insabbiare
la pratica. Il problema è che Chabrol fa altrettanto con il suo film, che tende a perdersi per strada senza incidere.
Qualche impronta d'autore nel linguaggio (si vedano i giochi delle dissolvenze), ma il ritmo è lento, il tono sciapo,
l'intreccio stiracchiato. Come fosse, insomma, l'annata minore di un vino importante. MASSIMO ZANICHELLI
Cosa aspettarsi da un film sulla contemporaneità di un regista che si avvicina agli ottant’anni e che porta film sullo
schermo da quasi mezzo secolo? Con tutto il rispetto per il grande regista, L’ivresse du poivoir (ma anche il
titolo italiano per una volta non è affatto male) mi è sembrato un film senile, dove il disincanto sfiora il qualunquismo
e l’ambiguità la superficialità. Sarà che noi italiani sguazziamo tutti i giorni nel maleodorante Mar dello Scandalo e
trasgressioni come quelle descritte nel film (regali fatti all’amante con la carta di credito aziendale) ci sembrano il
massimo del fair play, ma Chabrol poco svela e poco precisa dei retroscena politici-economici del potere e poca
rappresentatività e poco carattere dà alle maschere che si alternano nell’inchiesta. Rimane il personaggio della Huppert
(nomen omen: Charmant Killman – affascinante ammazzauomini – detta per soprammercato il Piranha – e
allora eccola al ristorante a mangiare pesce crudo), tanto perfetta nel ruolo della dura intransigente che gioca con le
proprie virtuali incrinature, da riservare poche sorprese. Il suicidio del marito potrebbe essere l’ennesimo omaggio al
maestro Hitchcock - ne Il ladro a crollare era la moglie dell’accusato, qui è il marito dell’accusatrice - e nello
stesso tempo un’ulteriore dimostrazione di come i ruoli, nei nostri tristi tempi, si siano pervertiti. MAURO CARON