FUORISCHERMO

 

IL DIVO
FLYER
Titolo originale: Il divo
Regia: Paolo Sorrentino
Sceneggiatura: Paolo Sorrentino
Montaggio: Cristiano Travaglioli
Musica: Teho Teardo
Fotografia: Luca Bigazzi
Interpreti principali: Toni Servillo, Anna Bonaiuto, Carlo Buccirosso, Flavio Bucci, Piera Degli Esposti, Massimo Popolizio, Aldo Ralli, Giorgio Colangeli, Paolo Graziosi, Giulio Bosetti
Origine : Italia, 2008
Durata: 110'

FLYER Forse non è necessario guardare Il Divo cercando la verità. Forse non occorre stabilire quanto sia vero e reale il film di Paolo Sorrentino. Forse, piuttosto, è fondamentale gettare lo sguardo sui particolari, le sfumature, le intuizioni e le dovute invenzioni che rendono questo racconto cinematografico un viaggio psichedelico in una parte nebulosa della storia d’Italia. La figura di Andreotti, il suo profilo enigmatico e ambiguo, le sue manie, i suoi limiti e le sue forze, i suoi nemici e i suoi ‘compagni di merenda’, nomi e cognomi, volti, persone, luoghi e omicidi. Sorrentino racconta quello che c’è dentro il l’uomo potente e sembra ristabilire una certa coerenza con i suoi precedenti film. Anzi, probabilmente il suo divo Andreotti è un po’ la sintesi ideale dei suoi personaggi: potenti e soli. Un film che Sorrentino definisce pop, che non nasconde la voglia di arrivare alla gente e non nasconde neppure la voglia di essere essenziale, rapace, arrabbiato.
DAZEROADIECI:: 9
MATTEO MAZZAMATTEO MAZZA


FLYER Verità (e non verità). Ironia. Non caso, ma volontà di Dio. Perpetuare il Male per fare (il) Bene. Ambiguità. Potere. Solitudine. Grottesco. Queste le parole-concetti chiave su cui Il Divo poggia. Il senatore Andreotti magistralmente interpretato da un Toni Servillo non macchietta e facile caricatura, ma abile quanto simbolica rappresentazione di un personaggio che rimane ‘scomodo’ da raccontare ed interpretare, perché ‘troppo’ popolare, ‘troppo’ unico… ‘troppo’ sostanzialmente ambiguo. Un film che vuole rispolverare le malefatte di un governo senza proporsi film politico di genere. È vero, la posizione del regista è difficile non immaginarla (siano anche le sole indicazioni storiche intervallate qui e lì, ad inizio e fine film, a suggerirla), eppure Il Divo non si pone come denuncia stentorea o univoca e assoluta lettura dei fatti. Certo il baricentro del film si capisce da che parte sta e, certo, Il Divo non è un apologo, ma la sua ambiguità (di colui che storicamente l’ha ispirata) passa all’Andreotti-Servillo e Sorrentino sembra inseguire questa più che trovarvi spiragli, ovvero punti inequivocabilmente interpretabili, per far parlare sé stesso (eccezione si potrebbe fare per il monologo del senatore-Sevillo, momento alto del film, in cui la voce del regista sembra unirsi a quella del suo attore. L’uso della mdp ne è dimostrazione). E poi, quanto più facile (oltreché rischioso, d’accordo) sarebbe stato decidere dell’ambiguità la ‘vera’ faccia, l’unica da mettere in scena? Quanto grave e monotona sarebbe stata quella colonna sonora? Vispo e scherzoso, graffiante e (ormai, si potrebbe dire) componente caratterizzante la cifra stilistica del regista è invece il contrappunto sonoro al montato visivo. Non bisogna dire la verità, nemmeno a sé stessi… per non lasciare tracce. Questo è il ‘grande’ insegnamento de Il Divo, il suo segreto, la sua arma… la madre di tutte le (non) ‘verità’. Imperscrutabile e ironico il ‘divo’ Andreotti-Servillo, grottesco e mordace Il Divo di Sorrentino. “Non ho mai creduto che sia possibile distinguere gli uomini in due categorie, angeli e diavoli. Siamo tutti medi peccatori”: mediano, come ambiguo, è la natura de Il Divo mefistofelico, il più scaltro criminale o il più grande perseguitato di tutta la storia d’Italia.
DAZEROADIECI:: 8
ERICA BUZZOERICA BUZZO