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Titolo originale: Death at a Funeral
Regia: Frank Oz
Sceneggiatura: Dean Craig
Montaggio: Beverley Mills
Musica: Murray Gold
Fotografia: Oliver Curtis
Interpreti principali: Matthew MacFadyen, Rupert Graves, Peter Dinklage, Daisy Donovan, Alan Tudyk, Kris Marshall, Andy Nyman, Ewen Bremner, Keeley Hawes, Jane Asher, Peter Egan, Peter Vaughan
Origine : Germania, Gran Bretagna, USA 2007
Durata: 90'
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Fin dai primi minuti ci si rende conto che l’assurdo arriva prima della morte. La sequenza animata che serve a preparare lo
spettatore, è uno squisito assaggio di come, senza parole, il cinema e l’immagine riescano a comunicare lo sfondo del film.
Una bara, infatti, si muove macchinosa, proprio come in un videogame, lasciando le tracce del suo cammino. Poi arriva
Daniel, in carne e ossa, apre la bara per l’estremo saluto al padre ma si accorge che dentro c’è la salma di un altro uomo.
Insomma, due piccoli momenti che aprono i cancelli della follia di Funeral Party, parto della mente del regista
tuttofare Frank Oz, già autore del pizzicotto In & Out, un frullato di imbarazzi e scorrettezze di puro divertimento.
Funeral Party è però anche una commedia che scava nelle situazioni grottesche della famiglia, che racconta uno
spaccato di società contemporanea ancora attaccato o affezionato ai pregiudizi e alle apparenze, che riflette sulla
famiglia senza ricorrere a strategie o compromessi ruffiani. E’ la versione ribaltata, trash, weird, e british di ciò che
nelle dinamiche famigliari spesso si smarrisce. Cioè l’essenzialità dei rapporti. Un film inesauribile che anche quando
finisce, sembra ricominciare.
DAZEROADIECI:: 7
MATTEO MAZZA
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La formalità british sommata ad una delle occasioni più formali e meste che possano capitare, il funerale di un
genitore: cosa c’è di meglio per uno sberleffo politicamente scorretto? Gli esempi di black humour non mancano nel
cinema britannico, che anzi l’ha utilizzato al meglio, ma nelle mani di Oz (la cui eclettica carriera è in buona parte
legata ai pupazzi dei Muppets) e del suo sceneggiatore la materia sfugge un po’ di mano. Cercare di far ridere con
handicap fisici (nani e invalidi), drogati involontari, nudità maschili, omosessualità, cadaveri maltrattati e
trovate scatologiche può sembrare facile e sicuro, ma l’efficacia della volgarità e della scorrettezza politica non è
così garantita. Se si sta al gioco si può ridere di un riso regressivo e un po’ puerile; altrimenti ci si annoia anche un
tantino.
DAZEROADIECI: 5,5
MAURO CARON
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