FUORISCHERMO

 

CASINO' ROYALE
FLYER
Titolo originale: Casinò Royale
Regia: Martin Campbell
Sceneggiatura: Neal Purvis, Robert Wade, Paul Haggis
Montaggio: Stuart Baird
Musica: David Arnold, “Not in my name” cantata da Chris Cornell
Fotografia: Phil Meheux
Interpreti principali: Daniel Craig, Eva Green, Mads Mikkelsen, Caterina Murino, Judi Dench, Giancarlo Giannini.
Origine : USA, Gran Bretagna, Germania, Repubblica Ceca 2006
Durata: 145'  
 
 
 
 
 

FLYER James Bond (Daniel Craig) si è appena guadagnato sul campo il doppio zero quando le immagini di una camera a circuito chiuso che lo riprendono mentre spara a un uomo disarmato vengono pubblicate su tutti i giornali. M (Judi Dench) decide di metterlo a riposo forzato, durante il quale Bond sventa un attentato. Questo causa una perdita di milioni di dollari a La Chriffe (Mads Mikkelsen) banchiere del terrorismo internazionale. Per recuperare i soldi La Chriffe organizza una partita a poker al Casinò Royale del Montenegro. Bond deve partecipare affiancato dalla splendida agente del tesoro Vesper Lynd (Eva Green).
Il ventunesimo film della serie di James Bond inizia come un noir anni ’40: in bianco e nero, primi piani ravvicinati, inquadrature dal basso a dare un senso di attesa e di suspence, dialoghi stringati e poca azione. Poi, dopo la consueta inquadratura di Bond che spara attraverso la canna della pistola, questa volta inserita nell’azione del film, siamo catapultati nella storia. Preceduto da polemiche infinite sulla scelta del nuovo Bond, questo film si rivela essere uno dei migliori della serie nonché il più economicamente fortunato. Certo Daniel Craig ha più la faccia proletaria dei film inglesi alla Ken Loach che la stoffa di uno che porti lo smoking tutti i giorni. Ma il film gioca su questa natura dell’attore, rischiarando le tenebre che coprono il suo passato (Vesper che gli chiede se è orfano, così come la battuta sullo smoking), ma anche facendo vedere un Bond giovane, rozzo (il sicario che scavalca con eleganza il muro di cartone e lui che lo abbatte passandoci attraverso), violento, indisciplinato e insubordinato. Ma a differenza degli ultimi, questo film è sorretto da una buona sceneggiatura e da ottimi dialoghi, forse grazie anche al contributo di Paul Haggis, sceneggiatore di Million Dollar Baby e regista di Crash, che rendono interessanti anche le scene non d’azione. Un bel film, non solo per i fan dell’agente con licenza d’uccidere.
DAZEROADIECI:7,5
DONATA SALADONATA SALA


FLYER Torna James Bond, per la ventunesima o ventiduesima volta, ma ricominciando da capo, ovvero ripartendo dal primo romanzo di Fleming, Casino Royale, che ebbe una sola versione cinematografica, prematuramente parodistica, considerata un episodio apocrifo e non conteggiata nel novero dei 007 “ufficiali”. E torna ma cambiando faccia, assumendo il volto duro e segnato di Daniel Craig, occhi di ghiaccio e fisico scultoreo. Tutto comincia dall’inizio, con Bond che diventa per l’occasione un “doppio zero” con licenza di uccidere, che commette qualche mossa dettata dall’inesperienza, e che solo nell’ammiccante finale pronuncia la classica battuta “Il mio nome è Bond, James Bond” facendo partire solo sui titoli di coda il celeberrimo tema musicale. Ci sono gli elementi classici, il teaser prima dei titoli, i titoli giocati su invenzioni grafiche, le avventure ai quattro angoli del globo con svariare di paesaggi glamour, le donne avvenenti, i doppigiochi e i doppiogiochisti, i gadget tecnologici aggiornati all’epoca dei satelliti e dell’informatica, il superomismo che fa di Bond il migliore qualsiasi cosa faccia, si tratti di eseguire acrobazie impossibili o vincere a poker, menare le mani o sedurre belle donne. Di nuovo c’è forse meno ironia e senz’altro più violenza, con una narrazione funambolesca ma nello stesso tempo dura. Che dire? La serie è basata sul parossismo della spettacolarizzazione, non certo sulle sottigliezze psicologiche o di sceneggiatura (questa è pur firmata da Pail Haggis); il risultato è l’ammirazione per sequenze mozzafiato come quella dell’inseguimento sulle gru, e contemporaneamente la rinuncia a qualsiasi possibilità di sospendere l’incredulità di fronte a prodezze tanto mirabolanti quanto incredibili.
DAZEROADIECI: 6,5
MAURO CARONMAURO CARON