FUORISCHERMO

 

BLACK BOOK
FLYER
Titolo originale: Zwartboek
Regia: Paul Verhoeven
Sceneggiatura: Paul Verhoeven, Gerard Soeteman
Montaggio: James Herbert, Job ter Burg
Musica: Anne Dudley
Fotografia: Karl Walter Lindenlaub
Interpreti principali: Carice van Houten, Thom Hoffman, Halina Reijn, Sebastian Koch, Christian Berkel, Waldemar Kobus, Michiel Huisman, Derek de Lint
Origine : Germania, Gran Bretagna, Olanda, 2006
Durata: 135’

FLYER Nella Resistenza olandese ci furono cinici e traditori; il popolo liberato si comporta come gli aguzzini nazisti; tra i quali peraltro c’erano delle degnissime persone. Gioca al revisionismo Verhoeven (anche sceneggiatore, di ritorno in patria dopo una lunga trasferta hollywoodiana) mescolando le carte dei buoni e dei cattivi nel raccontare le peripezie di una giovane ebrea che per collaborare con la Resistenza si infila nella tana del nemico usando come armi quelle del proprio corpo e dell’erotismo. Ma il gioco, appunto, non vale le polemiche che il film è riuscito a suscitare: in fondo si tratta (solo?) di un grande e spettacolare fumetto (in senso tecnico: v. i ritmi dell’azione, la stilizzazione dei personaggi, la disinvoltura nell’utilizzo degli spazi, per cui tutto è contiguo, saloni da ballo, uffici nazisti, prigioni, ecc.), ricco di spari, esplosioni, scene di nudo, e letteralmente colmo di colpi di scena con continue uccisioni, ribaltamenti, tradimenti, agnizioni (esemplare della struttura narrativa il primo quarto d’ora: la presentazione dell’eroina, l’introduzione dell’eroe, la nascita di una storia d’amore, l’arrivo di un ambiguo deuteragonista, il ricongiungimento con la famiglia, l’abbozzo di nuovi personaggi, la partenza; poi arrivano i Tedeschi e si ricomincia praticamente da zero). Se lo si prende come un passatempo, funziona e ci si diverte, se si cerca qualcosa di più serio, dal punto di vista sia storiografico che cinematografico, è meglio astenersi.
DAZEROADIECI: 6,5
MAURO CARONMAURO CARON


FLYER Il racconto della resistenza olandese del regista di Robocop e Basic Instinct. Che alla base del film ci sia il senso dell'appartenenza ad un popolo, piuttosto che il desiderio di lottare e persitere nel tempo sembra importare poco a Verhoeven. Che, da una parte costruisce un fumettone melò denso di spaventi (non colpi di scena), dall'altra si diverte a fare il pruriginoso. Non si mette in discussione il tentativo offerto dal regista di racconto alternativo, ma forse si eccede con l'originalità e si sfiora il "trash".
DAZEROADIECI:: 5
MATTEO MAZZAMATTEO MAZZA