Titolo originale: A casa nostra Regia: Francesca Comencini Sceneggiatura: Francesca Comencini, Franco Bernini Scenografia: Paola Comencini Musica: Banda Osiris Fotografia: Luca Bigazzi Interpreti principali: Luca Zingaretti, Valeria Golino, Giuseppe Battiston, Laura Chiatti, Luca Argentero,
Teco Celio, Bebo Storti Origine : Italia, 2006 Durata: 101’
Affresco corale sulla ex Milano da bere tra intercettazioni telefoniche, truffe, magistrati corrotti e magazzinieri che
aspirano alla bella vita. Motore del tutto: la bramosia del potere e del denaro. Ma anche la ricerca di sentimenti e
affetti autentici. Le vicende dei molteplici personaggi si intrecciano fra loro con evidenti rimandi all’Altman doc di
“America oggi”. Qui, però, tutto è più macchinoso e forzato (si veda soprattutto l’epilogo), con picchi di retorica
piuttosto alti (specie nel finanziere interpretato dalla Golino) e uno Zingaretti in versione Montalbano cattivo. A tutto
questo si aggiunga una regia convenzionale e poco personale nel raccontare una Milano i cui skyline avrebbero avuto
bisogno di ben altra mano dietro la macchina da presa.
DAZEROADIECI: 5,5 GIANLUCA CASADEI
La Comencini (alla sceneggiatura ha partecipato anche il giornalista Barbacetto) ci racconta l’Italia d’oggi nello scenario
più rappresentativo della modernità, una Milano fotografata tutta con luci fredde da Luca Bigazzi. Tra affaristi senza
scrupoli, politici corruttibili con l’accento lùmbard, modelle mantenute, artisti multimediali, ispettrici della finanza e
prostitute dell’est, il tema del film apparentemente sembra incentrato sul denaro, scambiato e fatto circolare per tutto il
tempo. Ma in realtà quello che si racconta sono gli egoismi (soprattutto maschili) individuali e sociali e la solitudine
delle esistenze (soprattutto femminili). E ancora più precisamente, un mondo senza figli (peggio di quello di Cuaron):
persi, abortiti, non voluti, e, se nati (da una prostituta in coma), dalla paternità di incertissima attribuzione. La
Comencini azzecca il tono del film, molto più caldo rispetto a quello di Mobbing, cerca l’intimità con i personaggi,
dà loro le facce giuste, e usa anche la colonna sonora musicale per costruire il mosaico delle storie. Ma sbaglia tutto nel
finale, cedendo improvvisamente alle più facili soluzioni melodrammatiche-moralistiche, prendendo delle vere e proprie
stecche (vedi la visita della Golino a Zingaretti) e dichiarando l’architettura del film (il solito intreccio di storie),
che, per essere decisamente usurata nelle ultime stagioni cinematografiche, sarebbe stato più opportuno non
sottolineare.
DAZEROADIECI: 6,5