FUORISCHERMO

 

APPUNTI VENEZIANI 2008

TUTTI I VINCITORI
Darren Aronofsky e Micky Rourke Darren Aronofsky (Pi greco, Requiem for a dream, The fountain), con la malinconia e la decadenza di The wrestler, ha vinto la 65° Mostra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia. Il film del regista tedesco, naturalizzato statunitense, che racconta la storia di Randy "The Ram" Robinson, un wrestler giunto al capolinea della sua carriera, interpretato da uno strepitoso Micky Rourke che avrebbe vinto la Coppa Volpi se solo il regolamento fosse diverso, si è aggiudicato il Leone d’oro. Premi importanti anche per Teza di Gerima (che figurava tra i protagonisti) e Paper Soldier di German jr. Gli italiani? Silvio Orlando ha vinto la Coppa Volpi per l’intensa e drammatica interpretazione in Il papà di Giovanna di Avati, mentre il Premio De Laurentiis miglior opera prima è andato alla rivelazione Pranzo di ferragosto di Gianni Di Gregorio.
A bocca asciutta Miyazaki, Bechis, Bigelow e Demme, tra i film migliori della mostra.

Tutti i premi

Leone D’oro per il miglior film a The Wrestler di Darren Aronofsky (Usa)

Leone D’argento per la migliore regia a Aleksey German jr. per Bumažnyj Soldat (Paper Soldier) (Russia)

Premio Speciale Della Giuria a Teza di Haile Gerima (Etiopia, Germania, Francia)

Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile a Silvio Orlando per Il papà di Giovanna di Pupi Avati (Italia)

Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile a Dominique Blanc per L’autre di Patrick Mario Bernard, Pierre Trividic (Francia)

Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore o attrice emergente a Jennifer Lawrence per The Burning Plain di Guillermo Arriaga (Usa)

Osella per la migliore fotografia a Alisher Khamidhodjaev e Maxim Drozdov per Bumažnyj Soldat (Paper Soldier) di Aleksey German Jr. (Russia)

Osella per la migliore sceneggiatura a Haile Gerima per Teza di Haile Gerima (Etiopia, Germania, Francia)

Leone Speciale per l’insieme dell’opera a Werner Schroeter. La Giuria ha deciso di assegnare un Leone Speciale a Werner Schroeter per il complesso dei suoi innovativi lavori portati avanti con tenacia e senza compromessi da 40 anni.

Premio “Luigi De Laurentiis” per la Miglior Opera Prima a Pranzo di Ferragosto di Gianni Di Gregorio (SIC - Settimana Internazionale della Critica, Italia)

Premi Ufficiali della sezione Orizzonti.

Premio Orizzonti a: Melancholia di Lav Diaz (Filippine)
Premio Orizzonti Doc a Below Sea Level di Gianfranco Rosi (Italia, Usa)
Menzione speciale a Un lacdi Philippe Grandrieux (Francia)
Menzione specialea Women (We) di Huang Wenhai (Cina, Svizzera)

Premi Ufficiali della sezione Corto Cortissimo

Leone Corto Cortissimo a: Tierra Y Pan di Carlos Armella (Messico)
Menzione Speciale a Vacsora (The dinner) di Karchi Perlmann (Ungheria)
Prix Uip per il miglior cortometraggio europeo a De Onbaatzunchtigen (The Altruists) di Koen Dejaegher (Belgio)

NONA GIORNATA – Venezia 5 settembre 2008
The Hurt Locker Che film quello di Kathryn Bigelow, The Hurt Locker! Rivedo ancora gli occhi di tre soldati: uno che non c'entra niente, e lo sa e ha paura, uno che è attento, ma vorrebbe dare di più, il terzo, il vero protagonista del racconto, che è proiettato costantemente nell'inferno dell'azzardo. Tre soldati americani che combattono la guerra in Iraq con tre sguardi diversi. E la Bigelow che insegue le ragioni d'essere, le missioni di ciascuno, i desideri e le paure e poi ci ricama un film adrenalinico, ambiguo, psichedelico. Un vortice sporco che non vuole esaltare le imprese dell'eroe di turno, ma che, forse, tenta di amplificare l'idea di uomo (che qui appare come robot e come uomo). Insomma, un film elettrico, sporco appunto come il film di Demme dell'altro giorno. Due vibrazioni in coda alla Mostra molto positive.
Diverso, molto diverso, il film di Pappi Corsicato, Il seme della discordia. Non credo che le pedine mosse dal regista di I buchi neri e Chimera, siano la cosa peggiore di questa Mostra. Credo, però, che nonostante l'idea simpatica di allestire uno scenario grottesco, bizzarro, strafottente intorno a problemi sentimentali, il film compia un errore fatale. Mostri del giorno d'oggi? Va bene, ma è imbarazzante pensare che il film, in poche parole, contempla stupro, aborto, tradimenti senza troppi scrupoli. Resta curioso l'uso del colore e le convincenti recitazioni dei bravi attori (Murino, Ferrari e Gassman). Incompreso (io?).
Mi fido di Aronofsky, che oggi porta in concorso The wrestler. Conclusione ideale di una Mostra intelligente.

numeri che non contano ma che fanno contare...
THE HURT LOCKER, di Kathryn Bigelow:: 8,5
IL SEME DELLA DISCORDIA, di Pappi Corsicato:: 5


Niente toto leone, quest'anno, ma questi sono i miei preferiti: Ponyo, The Hurt Locker, Vegas, Teza, Rachel getting married - aggiungo Avati che potrebbe vincere il Leone d'oro. E se lo vince Bechis, non me ne voglia, glielo auguro, ma è l'unico che non ho visto.

OTTAVA GIORNATA – Venezia 4 settembre 2008
Rachel getting married Intenso, drammatico, teso. L'ultimo film di Demme, Rachel getting married, racconta con uno sguardo lucido le dinamiche tra Rachel (pronta a sposarsi) e sua sorella Kym (in cura per disintossicarsi dalla droga). Quasi un documentario che non manca di mescolare atmosfere da cinema corale alla Altman. E' un ritratto intimo, come tanti del resto in questa Mostra, che racconta le invidie di due donne, protagoniste assolute dei film di quest'anno. In lotta per l'attenzione, in conflitto per il rispetto, in ricerca del proprio posto. Brava Anne Hathaway, che qui a Venezia è di casa (Brokeback Mountain, Il Diavolo veste Prada e questo). Odore di premi...
Affascinante e originale è stato anche il docutestamento di Agnès Varda che con Les Planges di Agnès, colora i suoi ricordi di donna impegnata politicamente e sentimentalmente (con Jacques Demy). Metacinema passionale, ricco di fotografie, quadri, scenari allestiti ovunque, specchi, riflessi, spiagge e persone, volti, occhi, racconti. Una bella esperienza utile anche per scoprire la vita di una donna che il cinema lo trova scritto sulla pelle da sempre.
Interessante, pur con qualche difetto formale, il film di Mirko Locatelli Il primo giorno d'inverno. Locatelli cuce la propria immagine sul corpo dei suoi adolescenti protagonisti, visti come anime in espansione(emotiva e fisica). Compie un'operazione coraggiosa e attuale, non scontata e ricca di spunti intelligenti.
Domani è il giorno di Celentano col suo Yuppi Du (uno degli eventi di questa Mostra), di Kathryn Bigelow con Hurt Locker e di Pappi Corsicato con Il seme della discordia. Intanto sono cominciati i festeggiamenti per il Leone d'Oro alla carriera a Ermanno Olmi. Speciali proiezioni di lungometraggi e cortometraggi rendono omaggio alla carriera del maestro.

Numeri che non contano ma fanno contare...
RACHEL GETTING MARRIED, di Jonathan Demme:: 8
LES PLANGES DI AGNES, di Agnès Varda:: 7
IL PRIMO GIORNO D'INVERNO, di Mirko Locatelli:: 6,5

SETTIMA GIORNATA – Venezia 3 settembre 2008
Broken lines Giornata di alti e bassi che mette in evidenza, ancora una volta, le linee creative protagoniste di questa mostra. Per esempio, Paper soldier del russo Aleksei German jr., è un racconto freddo e disperato della Russia di inizio anni sessanta, alle prese con la corsa allo spazio. Un film ambizioso che sfida lo spettatore e che usa come pretesto uno scenario ideologico e politico per raccontare l’anima, lo sguardo, il fallimento e i desideri dell’uomo, il senso di responsabilità, la colpa e il rimorso. Un’impresa, comunque, onesta.
Curioso Broken Lines di Sallie Aprahamian inserito in Giornate degli autori. Come spesso capita, le sezioni collaterali del Festival (Orizzonti, Settimana della critica, Giornate degli autori) assomigliano a scrigni che contengono tesori nascosti. Questo è un film che intende raccontare la vita di quattro persone in difficoltà. È semplice ma interessante e potrebbe essere pure distribuito in Italia.
Nuit de chien di Werner Schroeter, invece, è un film brutto. Il regista di Palermo oder Wolfsburge Il Giorno degli idioti, vuole provocare ma ci riesce solo irritando lo spettatore. Un’altra impresa di sopportazione, questa la peggiore, apparsa innocua, pretestuosa, gratuita, disonesta. Probabilmente c’è in giro anche di peggio, ma era necessario inserirlo in concorso? Dubbi.
Difficilmente si potrà vedere l’estrema operazione di The Visitor del finlandese Valkeapaa, inserito nella Settimana della critica. Un viaggio onirico, forte, agghiacciante che racconta le vicende di un ragazzo con la propria madre, in una casa tra i boschi Finlandesi.
L’ultimo film di giornata, l’animazione di Mamoru Oshii, Sky Crawlers, presentato in concorso, ha deluso le aspettative. Nonostante buone intuizioni e coraggiosi obiettivi, il film fatica e inciampa dentro una rete narrativa un po’ già vista, in una regia troppo poco passionale. Spettacolarizzazione, coraggio, ignoto sono solo alcuni degli spunti che potevano essere investiti e tradotti meglio.
È un Festival sempre più curioso e, finora, mi pare che siano due i nodi principali. La responsabilità (da quella di coppia a quella che lega o slega genitori e figli) e l’intimità (dalla rielaborazione del tempo sulla propria pelle e sul proprio corpo, alle tante tristezze e delusioni raccontate nei film). Non male.

Numeri che non contano ma che fanno contare…
PAPER SOLDIER, di Aleksei German jr.:: 6
BROKEN LINES, di Sallie Aprahamian:: 6,5
NUIT DE CHIEN, di Werner Schroeter:: 3
THE VISITOR, di Jukka-Pekka Valkeapaa:: 6,5
SKY CRAWLERS, Mamoru Oshii:: 5

SESTA GIORNATA – Venezia 2 settembre 2008
Teza Nonostante l’evidente complessità, i film della Mostra continuano a stupire. Forse è proprio questa stessa complessità a rendere il Festival affascinante. Una sfida che arricchisce, a volte disturba, scuote, infastidisce. Altre volte apre a nuovi mondi, a nuove culture. Come quando si vede Sut di Semih Kaplanoglu e Melih Selcuk, visione estrema, intima, quasi traumatica che racconta il rapporto conflittuale e intenso di madre e figlio. Paesaggi rurali, inquietudine, invidie, gelosie e tanta solitudine. Diverso ma con tematiche affini, invece, è stato Stella opera prima di Sylvie Verheyde, regista francese che ricalca affettuosamente, con ironia e uno stile asciutto, i propri ricordi di bambina fatti di scoperte, avventure, incomprensioni e delusioni.
Sorprendono due cortometraggi visti all’interno di Corto cortissimo: Eve, esordio alla regia di Natalie Portman e We Who Stayed Behind, di De Thurah. Due esempi semplici ma significativi di cinema breve. E sorprende pure (ma un po’ si sapeva…) la lettura umoristica di Pranzo di Ferragosto di Gianni di Gregorio. Sceneggiatore e aiuto regista di Garrone, Di Gregorio scrive, dirige e interpreta questa commedia dai toni caldi e seri, che fa riflettere con intelligenza e umorismo sulla condizione degli anziani, sui pregi e difetti di chi, comunque, resta solo. A breve sarà nelle sale. Se vi piace sorridere con senso.
Chiude il giro di sorprese quotidiano Teza di Haile Gerima. Tra i filmakers più importanti del Continente Nero, Gerima, emigrato negli Usa nel 1968, scrittore, produttore e direttore di Sankofa (il suo film più famoso, Miglior film al Festival del cinema africano di Milano nel ’93) racconta una pagina della storia etiope carica di disperazione, realismo e magia. Un film colorato di sangue, tristezza e visioni alternative che spiazzano, disorientano, affascinano.

Numeri che non contano ma che fanno contare…
SUT, di Semih Kaplanoglu e Melih Selcuk:: 6,5
STELLA, di Sylvie Verheyde:: 7
PRANZO DI FERRAGOSTO, di Gianni di Gregorio:: 7
TEZA, di Haile Gerima:: 8

QUINTA GIORNATA – Venezia 1 settembre 2008
Il papà di Giovanna Emozionante come solo poche esperienze sanno essere, la visione dell’ultimo film di Hayao Miyazaki, Ponyo on the Cliff by the Sea, presentato in concorso, ha riscaldato i cuori e gli sguardi dello spettatore che sta scrivendo. Il miglior film visto finora quest’anno racconta la storia di un pesciolino dai poteri magici di nome Ponyo che, una volta conosciuta la terra, vuole trasformarsi in una bambina. Il maestro Miyazaki, rispetto alle precedenti opere, si avvicina maggiormente all’universo dei bambini senza dimenticare alte citazioni (dal mito greco, al valore della musica fino all’ispirazione da La Sirenetta), e realizza un’opera magnifica, colorata, affettuosa e pura. Un po’ come i suoi personaggi e tutti i suoi fondali. È stato il giorno del film di Pupi Avati, Il papà di Giovanna, tragedia familiare ambientata a ridosso della guerra che affronta con delicatezza, intelligenza e onestà alcune delle tematiche più care al regista come la malattia, il ricordo, l’amore, il rapporto padre/figlia. Non un film autobiografico, come ha tenuto a precisare Avati in conferenza stampa, bensì un film intimo e attento. La ribellione, come l’intimità, il disagio e la fuga sono tematiche che si ripetono di continuo tra i film della Mostra di quest’anno. Lo dimostra pure il film della sezione Orizzonti Voy a Explotardello spagnolo Gerardo Naranjo che si sofferma sulla fuga d’amore di due adolescenti in conflitto con la famiglia e la società.
Tanto originale quanto sperimentale è stato, infine, il film del regista iraniano, trapiantato negli Usa, Amir Naderi, Vegas. Realizzato in un digitale sporco, privo di qualsiasi commento musicale, il film racconta la città di Las Vegas e l’ossessione per il gioco d’azzardo sotto una nuova luce: quella della disgregazione e demolizione familiare.
Dopo cinque giorni di Mostra le impressioni iniziali sul livello dei film presentati rimangono invariate, nel bene e nel male. Da una parte non bisogna dimenticare il lungo sciopero degli sceneggiatori made in Usa, dall’altra è sano ammettere che l’ispirazione di alcuni autori europei o asiatici, a volte, può non essere particolarmente brillante. È innegabile, tuttavia, un certo atteggiamento volto all’innovazione, all’esperimento, al diverso. Un atteggiamento che diventa stile. E qui, in fin dei conti, è positivo e rilancia lo spirito di creatività.

Numeri che non contano ma che fanno contare…
PONYO ON THE CLIFF BY THE SEA, di Hayao Miyazaki:: 9
IL PAPÀ DI GIOVANNA, di Pupi Avati:: 7,5
VEGAS, di Amir Naderi:: 6,5
VOY A EXPLOTAR, di Gerardo Naranjo:: 7

QUARTA GIORNATA – Venezia 31 agosto 2008
Vinyan Una giornata particolare, piena, diversa e ricca. Iniziata bene con l’agghiacciante storia di Vinyan di Fabrice du Welz, fuori concorso, proseguita con la mezza delusione di Un giorno perfetto di Ozpetek, risoltasi felicemente con tre gradite sorprese che la Mostra nascondeva qua e la tra sezioni collaterali e il concorso come Goodbye solo, di Ramin Bahrani, Kabuli Kid di Barmak Akram e L’autre di Patrick Mario Bernard e Pierre Tridivic. Vinyan racconta la disperazione di una coppia di borghesi pronti a qualsiasi cosa per ritrovare il proprio figlio disperso nella tragedia dello tsunami. Un film intenso come l’interpretazione di Emmanuelle Beart che mette a disposizione tutto il suo corpo, tutta la sua fisicità e tragicità per tradurre la paranoia, la rabbia, la solitudine, il desiderio e l’angoscia della perdita dell’identità. Ozpetek, invece, con Un giorno perfetto mette troppa carne al fuoco (la tragedia è familiare, ma il film è ancora una volta corale) e risulta faragginoso (in fase di scrittura e in fase di regia, a volte, è troppo didascalica). L’occasione sembra sprecata perché, come in altre situazioni, alcuni spunti sono interessanti. Goodbye solo e Kabuli Kid, poi, forse non li vedremo mai nelle nostre sale ma sono stati due esempi di cinema attento e coraggioso. Il primo focalizzato sullo stretto e conflittuale legame tra un tassista e un suo cliente anziano pronto a suicidarsi, il secondo, invece, prende come spunto la strana vicenda di un tassista di Kabul per mostrare le immagini della città distrutta dalla guerra.
L’apparenza, la solitudine, il rapporto ostile con il proprio corpo, la paranoia e la rabbia, invece, sono alcuni degli spunti di L’autre di Patrick Mario Bernard e Pierre Tridivic, presentato in concorso. Un viaggio nell’anima di una donna nell’estrema ricerca della verità e forse della felicità, dell’equilibrio, di uno spiraglio vitale. Claustrofibico.

Numeri che non contano ma che fanno contare…
VINYAN, Fabrice du Welz:: 7
UN GIORNO PERFETTO, di Ferzan Ozpetek:: 5,5
GOODBYE SOLO, di Ramin Bahrani:: 6,5
KABULI KID, di Barmak Akram:: 7,5
L’AUTRE, di Patrick Mario Bernard e Pierre Tridivic:: 6

TERZA GIORNATA – Venezia 30 agosto 2008
The burning plain È stato decisamente il giorno di Guillermo Arriaga che esordisce dietro la macchina da presa con The burning plain. Lo sceneggiatore, dopo l’aspro divorzio da Arriaga, si è messo in proprio e costruisce un film tragico, intenso e complesso, seguendo i binari del suo cinema fatto di incastri, sovrapposizioni, salti temporali, sconnessioni e riconnessioni. Un film legato indissolubilmente ai quattro elementi vitali (acqua, aria, fuoco e terra sono codici del cinema di Arriaga e presenti in ogni storia individuale) dove passato, presente e futuro si inseguono per fondersi in unica soluzione finale drastica e disperata. Un viaggio tra rancore, disperazione, perdono e salvezza. Brava Charlize Theron e il resto del cast.
Il viaggio finora pare essere un affascinante parola d’ordine rintracciabile all’interno dei film selezionati. A proposito di viaggio, è evidente quanto tra i binari di questo festival ci sia indubbiamente una forte propensione alla novità, alla scoperta all’estrema prova di resistenza dello spettatore nel guardare qualcosa di nuovo. È certamente un festival che propone con coraggio film, non senza debolezze, che emigrano di genere in genere, di luogo in luogo, di tradizione in tradizione. Un film come Plastic City, di Yu Lik-wai, per esempio, presentato in concorso, comunica un certo desiderio narrativo e di indagine estetica fin dalle prime sequenze. È un film che possiede una tensione narrativa sconosciuta, a tratti incomprensibile e forse inaccettabile, incontrollabile. Ma anche queste sono esperienze da fare. Restare con gli occhi aperti per capire, per trovare fino in fondo, dove si va. Anche se poi la risposta non arriva.

Numeri che non contano ma che fanno contare…
THE BURNING PLAIN, di Guillermo Arriaga:: 7,5
PLASTIC CITY, di Yu Lik-wai:: 5
ZERO BRIDGE, di Tariq Tapa:: 6

SECONDA GIORNATA - Venezia 29 agosto 2008
Achille e la tartaruga Il giorno del ritorno di Takeshi Kitano, terza presenza in tre anni, che conclude dignitosamente la personale trilogia sulla crisi dell’artista. Un percorso intimo che più volte ha sconfinato nell’assurdo, nel paradosso, nel patetico ma che non ha mai smesso di stupire e sconvolgere lo spettatore. Achille e la tartaruga, presentato in concorso, seguendo la celebre traccia filosofica, racconta la storia di un bambino che sogna di diventare un grande pittore. Nel corso della sua vita si scontrerà con la realtà e i suoi limiti creativi passando da estremi esperimenti di action painting fino a raggiungere i limiti della sopportazione. È a tutti gli effetti un film appassionato che offre tanti spunti su cui riflettere (il rapporto tra finzione e realtà all’interno della testa dell’artista resta una tematica attualissima) e pure numerose inquadrature indimenticabili, come sempre, del resto, nel cinema di Kitano.
Stimola i ricordi, la fantasia e anche un po’ di coscienza storica l’operazione fortemente voluta dalla Cineteca di Bologna e da Giuseppe Bertolucci che hanno presentato come evento speciale La rabbia di Pasolini, versione aggiornata con nuove immagini rispetto all’originale esperimento cinematografico che fu interrotto. E in questa direzione è di assoluto interesse la sezione aperta quest’anno Questi Fantasmi che riesplora alcune tappe significative della storia del cinema italiano. Inju, di Barbet Schroeder, è stato il terzo film in concorso. Curiosa e originale rappresentazione che gioca con i thriller movie e il genere giallo. Un film atipico, divertente, che però lentamente perde di autonomia. Il concorso, con calma, sta prendendo quota.

Numeri che non contano ma che fanno contare…
ACHILE E LA TARTARUGA, di Takeshi Kitano:: 7
INJU, di Barbet Schroeder:: 6,5

PRIMA GIORNATA - Venezia. 28 agosto 2008
Jerichow Venezia 65 inizia con il sospetto che sia meno forte di quella dell’anno passato. Ma non è così. Il cinema insegna anche a guardare le cose da un altro punto di vista. Non solo bello o brutto ma pure diverso. Alternativo. Originale. Espressivo. Un film, e quindi una Mostra, possono avere tanti aspetti, tanti volti. Non solo l’apparenza fatta di volti finti.
Ecco perché assume una certa importanza Burn after reading il film d’apertura dei fratelli Coen, versante tragicomico dell’uomo e dell’immagine dell’uomo, che si mescola rapidamente dentro i colori di questa nuova edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Una divertente prova attoriale (grandi tutti ma soprattutto Pitt e la McDormand) che riflette di continuo sul corpo, fatto, rifatto, esaltato o spappolato, sulla società che guarda, cospira e si frantuma.
E a proposito di apparenza, PA-RA-DA, esordio alla regia di Marco Pontecorvo, figlio di Gillo, è la sintesi della concretezza, della messa in pratica, del mi metto in gioco. Un film delizioso che racconta la storia vera del clown Miloud e della sua esperienza di vita comune con i boskettari, i bambini abbandonati che vivono nelle fogne di Bucarest. Un film da vedere e far vedere per il coraggio, il rispetto, la passione, l’intelligenza, la speranza e la salvezza. Immaginate un film che commuove senza ricattare…
Il concorso, invece, è iniziato sottotono. Il primo film in concorso è il tedesco Jerichow di Christian Petzold, messosi in luce al Festival di Berlino con Jella. Un triangolo disperato che possiede uno spunto interessante (le storie dei tre personaggi nascondono misteri inquietanti e ruotano tutte intorno al possesso di denaro) ma che perde di lucidità e sobrietà rapidamente virando in un tragico finale piuttosto scontato. Insomma, un inizio di concorso poco entusiasmante.

Numeri che non contano ma che fanno contare…
BURN AFTER READING, Joel e Ethan Coen: 8
JERICHOW, Christian Petzold:: 5
PA-RA-DA, di Marco Pontecorvo:: 8