Kim Ki-duk prosegue la sua esplorazione dei paradossi e dei fantasmi del sentimento amoroso. Stavolta una ragazza, nel
timore che il suo amato si stanchi di lei a favore di altre donne, si fa una plastica che le trasforma i connotati, si
ripresenta a lui sotto mentite spoglie e lo ri-seduce, salvo poi essere gelosa della propria se stessa di un tempo. Non
finisce qui: una volta che il rapporto entra in una crisi irrimediabile, il ragazzo decide a sua volta di cambiare volto
per amore. Colpo di scena annunciato? Ma la sceneggiatura ha il colpo di genio di informare preventivamente la ragazza
dello scriteriato progetto, sicché nel secondo tempo il problema non è più: mi amerebbe anche se apparissi diverso? bensì:
saprei riconoscere la persona amata anche se avesse un altro volto, nel labirinto dell’umanità? Per ricordarci che siamo
fatti d’”anima” ma anche di carne, Kim Ki-duk ci infila qualche cruenta sequenza chirurgica e qualche scultura erotica (ma
le visite al parco delle sculture sono decisamente troppe); e se la sua scrittura cinematografica non è travolgente i temi
messi in campo sono certamente profondi e affascinanti.
MAURO CARON