FUORISCHERMO

 

GEOMETRIE DI VIAGGIO
Le figure femminili nel cinema di Silvio Soldini
«(…) Hanno molta importanza gli incontri nei miei film, la stessa importanza che dovrebbe avere la disponibilità nei confronti dell’altro e anche rispetto alla vita, al caso, alle cose che ci sono attorno, che magari non guardiamo e non ascoltiamo ma che continuamente ci sono di stimolo da questo punto di vista».
L’aria serena dell’ovest Le figure femminili nel cinema di Silvio Soldini sembrano donne sospinte da una forza centrifuga che le conduce al desiderio di fuga e alla ricerca di nuovi equilibri.
Nel film L’aria serena dell’ovest (1990), ad esempio, attorno alla casuale perdita di un’agendina si snodano le vicende di due coppie di personaggi, Cesare/Irene e Tobia/Veronica, stretti in una Milano fredda che imprigiona il quotidiano. In cui spesso i rapporti umani si esprimono in percorsi ripetitivi e in fondo pieni di solitudine: Veronica riesce a trovare impiego in un centro termale di un paesino francese e a dare così un senso alla propria “ricerca”.
Sempre Milano fa da cornice alla vicenda dei due protagonisti di Un’anima divisa in due (1993): Pietro incontra in un grande magazzino Pabe, una ragazza rom che vive di espedienti. Insieme decidono di dare una sterzata profonda alla loro vita e intraprendono un viaggio che li porta prima a Livorno e poi ad Ancona. Un desiderio profondo alla radice della “diversità” fra i due, e soprattutto una dolorosa sperimentazione della ricerca dell’identità da parte di Pabe: la interpreta con grande intensità Maria Bakò, una ragazza senza alcuna esperienza cinematografica di padre rom e madre ungherese, scelta da Soldini dopo quattro mesi di ricerche nei paesi dell’est europeo. Emblematico ed attualissimo il romanzo di formazione di Pabe: la ragazza si muove in un Paese che non è il suo, che è esso stesso in crisi di identità profonda. Ed affronta, sospinta dall’amore per Pietro, un processo forzato di “italianizzazione”, arrivando addirittura a cambiare il proprio nome in “Rosy”. Il mondo esterno però la respinge, soprattutto dopo aver scoperto la sua origine zingara: attraverso il personaggio di Pabe il regista declina la tematica dello sradicamento culturale, in conseguenza di un viaggio verso ciò che è altro da sé. Perché nel presente, le figure femminili dei film di Silvio Soldini si sentono, in fondo, “a disagio”.
Le Acrobate (1997), invece, racchiude in sé la necessità cocente della ricerca della fuga e di un nuovo equilibrio e Le Acrobate con essa un vero e proprio “incrocio di vite” tra le due protagoniste, interpretate da Licia Maglietta e Valeria Golino. Le due donne vivono rispettivamente a Treviso e Taranto; Elena è fortemente provata dall’aridità che pervade la sua vita, dolorosamente priva di “calore umano”, mentre Maria si deve destreggiare nella caotica gestione del rapporto con il marito e soprattutto con la piccola Teresa. Particolarmente ricca di poesia l’immagine conclusiva del film, tutta al femminile: la bambina, giunta alle falde incontaminate del Monte Bianco, assapora il fresco bianco della neve come a riscoprire la semplicità di gesti perduti, della loro intrinseca “magia”. Ed è ancora una volta il caso che offre a queste esistenze femminili e sensibili, la possibilità decisiva, di ri-aprire gli occhi sul fitto reticolo che ci unisce a chi è lontano, sconosciuto.
Anita, l’anziana donna bulgara che vive a Treviso e che innesca il processo di avvicinamento tra Elena e Maria, è una figura di grande suggestione: lei vive in una dimora che ospita oggetti fuori dal tempo”, fermi ad anni e anni addietro. Così, nel bizzarro calore che sprigiona, è anche la casa di Fernando in Pane e tulipani (1999).
Soldini sceglie ancora l’attrice Licia Maglietta che con grande sentimento entra nel ruolo della casalinga Rosalba. Una vicenda ai limiti forse del surreale, ricca di poesia e, ancora una volta, segnata dal caso: la protagonista è una donna che, probabilmente avrebbe proseguito la propria vita di sempre, se una circostanza improvvisa e, in un primo momento traumatica come il restare abbandonata in un autogrill non le avesse fatto aprire gli occhi. Il personaggio è caratterizzato da un comportamento spesso “goffo”, la sua gestualità ed il suo stesso abbigliamento sono veicolo di significati profondi: un disagio e un’insoddisfazione che magari non sembravano eclatanti, ma da cui nasce la scintilla di un “desiderio”. Il desiderio di prendere una vacanza dalla propria vita, ben sapendo quali e quanti problemi ne nasceranno, ma con la consapevolezza di potercela fare. Molto ben raccontata anche la solidarietà tutta al femminile che la protagonista instaura con Grazia, la massaggiatrice vicina di casa: una Marina Massironi che Soldini “rilegge” e propone come attrice in una chiave del tutto nuova e gradevolissima.
Agata e la tempesta Da sottolineare come il sodalizio con Licia Maglietta proseguirà con la pellicola del 2003, Agata e la tempesta, ulteriore declinazione di donna che ri-nasce e ri-scopre la propria vita e i propri affetti. Qui la protagonista è al centro di un colorato universo dai toni fiabeschi, possiede una libreria e conosce il contenuto di tutti i romanzi così come il bizzarro gusto di ogni cliente, non perde mai la “leggerezza” ed il sorriso, arriva persino a spegnere lampadine con la forza del pensiero… Anche nella vicenda di Agata irrompe il caso, capriccioso come una improvvisa tempesta, climatica ma soprattutto esistenziale.
Cambiano le scelte stilistiche e i toni del racconto, ma resta la profonda sensibilità di Silvio Soldini nel ritrarre i suoi personaggi femminili: la Elsa di Giorni e nuvole (2007) è cronologicamente l’ultima protagonista che incontriamo nella filmografia del regista. Un personaggio complesso, forte, emotivo, interpretato da una convincente Margherita Buy. Non è una donna priva di incertezze, e fa i suoi sbagli, ma è la figura portante nella vicenda di profondo sconforto umano e familiare ambientata a Genova. È in Elsa che vivono ancora il ricordo ed il significato interiore del “viaggio”, del mare, della possibilità di avere ancora un desiderio, che le permetta di continuare a vivere.
Perché amare è fatica; è fatica condividere la quotidianità con un marito che ormai ha perso il lavoro e non vede più un futuro. Elsa riesce a portare a termine un viaggio, tutto interiore, che è alla base di quella che potremmo definire la “poetica del cambiamento” del regista.
Personaggio a sé nella filmografia di Soldini è, da ultimo, Line, la co-protagonista del film Brucio nel vento (2001). Una vicenda suggestiva, carica di una passione divorante, quella di Tobias per la donna, interpretata da Barbara Lukešova. Line è una vera incarnazione, sublimata e collocata in una dimensione quasi atemporale, di “ideale femminile”; una sorta di donna-angelo, dotata di potere salvifico nei confronti dell’uomo. Irrompe per assoluta ma fatale casualità nella vita meccanica ed alienata di Tobias, di cui si scopre essere ex compagna di scuola e sorellastra, e va a lavorare nella sua stessa fabbrica: ne nascerà un amore spinto alle soglie della follia. Le immagini di Soldini si trasformano e diventano rarefatte, lontane dal “naturalismo” dei film precedenti, permeate dalla forza del passato e da frammenti onirici.