La primavera si è chiusa coi botti di Cannes, ma il trend distributivo è cambiato, la stagione si è allungata, e tutto fa
pensare che quest’estate le sale cinematografiche si sentiranno un po’ meno sole del solito. Un fatto è certo: l’annata è
stata di quelle buone, sia in casa nostra (
Il divo e
Gomorra sono solo gli ultimi due esempi di cinema
italiano di qualità) che altrove (gli Oscar hanno detto molto ma Cannes, quest’anno come sempre, ha presentato un
cartellone davvero notevole).
Un’estate segnata da una costante: il rifatto.
Parentesi: i fatti (bene) di primavera
Presente e passato si accavallano in
Gomorra di Garrone e in
Il Divo di Sorrentino. Anzi, è l’Italia che si
accavalla, si intreccia su se stessa, si contorce, si piega, si gira e si rigira come un bambino quando è a letto e non
prende sonno. Presente e passato sono il palcoscenico ideale per gli incubi di un paese che i due registi hanno fotografato
diversamente. Da una parte Garrone ha guardato al passato del cinema italiano per fotografare prima, raccontare poi,
l’Italia di oggi, anzi, la Scampia di oggi, la camorra di oggi. Dall’altra parte Sorrentino ha guardato invece al cinema
presente per raccontare la figura di chi gli incubi, forse, in tutta la sua vita li ha fatti venire a tanta altra gente.
Garrone ha preso la macchina da presa e se l’è messa sulle spalle, la appoggiata sulle bocche dei suoi protagonisti, sui
corpi, sulle banconote, sulle pistole, sul sangue e sui rifiuti. Sorrentino ha mescolato pulp e pop, rock e glam e si è
infiltrato nella mente di chi i fili li ha sempre tirati abilmente, o semplicemente l’ha fatto per merito delle giuste
conoscenze, e ha gettato il proprio sguardo di regista su nomi e cognomi, fatti e misfatti, bugie e verità, Storia e
finzione. Uno, Garrone, si è ispirato a Saviano, l’altro, Sorrentino, ha inventato seguendo le dritte di qualche fedele
amico giornalista, di qualche archivio ordinato e soprattutto della propria testa. Due modi diversi di guardare alla stessa
cosa: l’Italia. Ecco perché Cannes ha premiato i due film italiani. Due racconti che raccontano come è stata fatta
l’Italia e su come è fatta in questo momento. Due film che contribuiscono a ridefinire il profilo di un paese cambiato
anche da persone come quelle che questi film intendono raccontare. Due film che in maniera del tutto casuale ma
significativa si chiudono senza la minima speranza di cambiamento.
Capitolo: il cinema rifatto non contraffatto
Spielberg, invece, ha rifatto una sua creatura, il fedele Indiana Jones. Pure in
Indiana Jones e il teschio di
cristallo presente e passato sembrano rincorrersi. Una nuova divertente storia devota all’immaginario spielberghiano
(dalla presentazione ombrosa dell’eroe, alle musiche, dagli scenari agli effetti speciali, dall’action allo humor, tutti
i codici autoriali di Spielberg si ripetono) che chiude in un certo senso una parte della storia di Indy ma che lascia
pure infinite possibilità di sviluppi successivi. Dalla presenza degli extraterrestri al rapporto padre/figlio, dal
discorso sull’estraneo alla dialettica paura/coraggio anche questo faraonico film targato Lucas/Spielberg, appare come
una versione ludica e spassosa del fare e rifare il cinema. È il passatempo di Spielberg come lo era stato
Jurassic
Park a suo modo (un investimento per progetti futuri), che quindi non aggiunge più di tanto alla carriera di uno dei
registi hollywoodiani più fantasiosi e creativi di sempre, ma che sottolinea la capacità di riuscire a divertire nel 2008
con dinamiche e trucchetti divenuti celebri appunto negli anni ’80. Certo, il digitale qui è prepotente (non potrebbe
essere altrimenti), ma almeno in alcune occasioni l’atmosfera vintage anni ’80 è molto rassicurante.
Palindromi: fatti a mano
A voler essere rassicurati sono poi i clienti della videoteca del signor Fletcher in
Be Kind Rewind di Michel Gondry,
dopo aver scoperto che tutte le vhs sono andate perdute e smagnetizzate. Jerry e Mike si vestiranno da eroi cinematografici
e compiranno un vero e proprio miracolo temporale: abbattere le frontiere della tecnologia
rifacendo i grandi
classici del videonoleggio, da
Gosthbusters a
Robocop. Il gioiellino di Gondry frulla passato e presente
stabilendo fin da subito un sottile confine invisibile tra realtà e fantasia. Se in
Eternal sunshine of the spottless
mind e
Science of sleep il regista indagava il rapporto tra amore, desideri e sogni/incubi, questa volta
l’occhio è puntato sull’amore per il cinema che tutti, in modi diversi, proviamo. È per questo che, quando l’attività
di Mike e Jerry è avviata tutti i clienti vogliono apparire nei loro film. Per partecipare a qualcosa di genuino, fatto
con le proprie mani. Una creatura fatta con la creatività. Gondry è
fatto così, il suo cinema è
fatto così.
Remake: fallo una volta, fallo un’altra volta
È l’estate dei remake. Tre su tutti:
Hulk, The Dark Night, Funny Games. Ma non si tratta di semplici rifacimenti.
Nel primo caso,
Hulk di Louis Leterrier è la versione più aggiornata e più aderente alle strisce della Marvel. Un
film fatto di effetti speciali che prende le distanze dall’Hulk di Ang Lee, pensato e fatto con un occhio più romantico e
nostalgico. Questo è stato fatto per vendere, per rilanciare un personaggio famoso (che è passato dal fumetto alla tv, dal
cinema ai bancali delle giocherie) che stenta a decollare nell’immaginario collettivo dei bambini. Resta il fatto che
l’operazione è curiosa, un po’ per gli attori che coinvolge (Edward Norton, Tim Roth, Liv Tyler) un po’ perché riesce
nell’intento di ridare una nuova immagine all’eroe condannato dai suoi poteri. Diverso il desiderio di Christopher Nolan
che prosegue nel suo percorso di rilettura del personaggio Batman. Un prodotto fatto e rifatto in tv (dalla serie tv ai
cartoni animati) fino ai due capitoli di Tim Burton (gli unici fatti un po’ bene) e alle sbrodolate successive che Nolan
ha voluto interpretare in maniera diversa, tralasciando le sfumature più favolistiche, concentrandosi piuttosto sul nero
che circonda le storie del famoso uomo-pipistrello.
The Dark Night è fatto per sconvolgere lo spettatore soprattutto
attraverso il deforme Joker interpretato dallo scomparso Heath Ledger. Il terzo rifatto è il
Funny Games di Haneke
che prova a sdoganare in America il suo
Funny Games del 1994. L’operazione è simile a quella che Gus van Sant fece
con
Psycho, rifare da cima a fondo l’intero film rispettando inquadratura dopo inquadratura. Cast importante che
vede tra gli altri Naomi Watts, Tim Roth, Michael Pitt. C’è il quarto ed è
12, da non perdere, fatto da di Nikita
Mikhalkov rifatto da
La parola ai giurati di Lumet del 1954. Se lo trovate nelle sale in una sera di luglio, non
fatevelo scappare. Adrenalina, conflitti morali, ritmo e suspense possono bastare?
Spoiler: fatti più in là che sto per arrivare
Tante le pellicole attese e in uscita tra luglio e ottobre. Dall’ultimo di Abel Ferrara,
Go, Go Tales al secondo
capitolo di
Le cronache di Narnia: il Principe Caspian, dal film d’apertura della Mostra di Venezia dei fratelli
Coen,
Burn After Reading, fino al nuovo prodotto perfetto della Pixar
Wall-E. Poi arriverà Allen con
Vicky Cristina Barcelona, prossimamente tornerà
Toy Story col terzo capitolo,
Sin City col secondo e
poi col terzo,
Wolverine e tanti altri.
Quindi, occhio. Fate gli spettatori attenti e curiosi perché di solito l’estate è anche la stagione dei film da recuperare.
Potreste farlo…