FUORISCHERMO

 

MICHEL GONDRY
Regista di "L'arte del sogno"
A CURA DI FUORISCHERMO
Nelle sale con l'onirico L'arte del sogno, il regista Michel Gondry racconta i passi decisivi e le relazioni durante la realizzazione del suo ultimo viaggio fantastico alla scoperta dei sogni dell'uomo.
BERNAL E GONDRY Qual è stata l’ispirazione per realizzare The Science of Sleep?
Sono partito da un’idea che ho avuto diversi anni fa e che ho utilizzato per un video dei Foo Fighters, in cui due giovani condividevano i loro sogni. Ho sfruttato questa idea per una storia sul modo in cui i sogni influenzano una relazione tra due persone, e su come la relazione a sua volta influenzi i loro sogni.

Come è entrato nel progetto Gael García Bernal?
Ci siamo incontrati grazie ad un amico comune. Lui sembrava possedere le caratteristiche che stavo cercando, perché il personaggio di Stephane è una sorta di mio alter ego. All’inizio ero preoccupato, perché Gael è un ragazzo decisamente bello e simpatico, e ho ritenuto che la gente avrebbe pensato che questo è il modo in cui mi vedo. Ma lui è veramente un ottimo attore, così siamo riusciti a superare questa difficoltà.

Che esperienza è stata dirigere un cast del genere, con Gael, Charlotte Gainsbourg e Alain Chabat?
E’ stato fantastico. Gael arrivava con una grande quantità di suggerimenti ed idee ed era sempre molto simpatico. Charlotte ha recitato mostrando una grande fiducia nei miei confronti e ha fatto tutto quello che le ho chiesto. E’ stata un’esperienza favolosa. Una parte importante di questo lavoro consiste nell’adattarsi a ciascuna persona e ottenere il meglio da ognuno. Quello che è andato a meraviglia è l’essere riusciti a sviluppare rapidamente un rapporto stretto tra di noi, nonostante non avessimo molto tempo per provare e a fronte di un piano di riprese molto impegnativo.

L'ARTE DEL SOGNO Come è stato girato il film e quanto tempo avete avuto per le riprese?
Abbiamo girato in 35mm in sole sette settimane. L’animazione delle sequenze oniriche è stata realizzata in due mesi e mezzo di duro lavoro nella mia casa di montagna a Villemagne, circa sei mesi prima che girassimo il film.

Gli effetti speciali nel film possiedono una dote magica e fantastica, una sorta di taglia e cuci artigianale. Sono stati realizzati prima con la cinepresa o in digitale?
Sono stati fatti con la cinepresa, fotogramma per fotogramma. Alla fine della giornata di lavoro con gli attori, noi portavamo in scena una cinepresa per le animazioni per riprendere gli oggetti in movimento con la stessa luce. Può non sembrare molto efficace dal punto di vista produttivo, ma c’è bisogno di un lavoro complesso per ottenere questa caratteristica “artigianale”. Siamo stati i primi a girare con questa nuova pellicola della Fuji. L’hanno chiamata ‘Eterna’ e ho il sospetto che ci sia un riferimento al mio ultimo film (Eternal sunshine of a spotless mind), anche se non vorrei sembrare presuntuoso.

Perché era così importante che la storia fosse ambientata a Parigi?
Noi abbiamo girato proprio nello stesso palazzo in cui vivevo all’epoca, in un appartamento con mio figlio e mia moglie. In realtà, loro ci vivono ancora, due piani più in alto. Era importante ambientarlo lì, perché quella è stata l’ultima volta che ho avuto un impiego non collegato al mondo del cinema. In quel periodo, lavoravo come illustratore di calendari. Un’altra ragione è stata il fatto di non voler passare del tempo a fare ricerche sulla vita che si conduce a New York o altrove, perché volevo concentrarmi totalmente sulla storia d’amore tra queste due persone.

Quanto l’esperienza di Se mi lasci ti cancello e dei video musicali diretti in passato hanno influenzato la realizzazione di The Science of Sleep?
L'ARTE DEL SOGNO Io ho sempre diretto dei progetti in cui non ero sicuro del risultato. Ho bisogno che ci sia questo elemento di sorpresa per tenere alto il mio interesse. Penso di avere scelto questa strada grazie alla mia esperienza nell’animazione: giri un’immagine alla volta e non sai come sarà la sequenza fino a quando non ricevi la pellicola dal laboratorio. E’ una sorta di sperimentazione e io cerco sempre di mettermi in situazioni in cui non mi sono mai trovato prima. Così, esploro una grande quantità di tecniche e sistemi per comunicare con gli attori e per raccontare una storia. Con questo film volevo esplorare in profondità una parte della mia mente, senza pormi troppi limiti. Io non mi faccio troppe domande sulle mie idee.

Pensa che in questo film sia soprattutto l’aspetto visivo a coincidere con le parole o le parole che ha scritto a coincidere con l’aspetto visivo?
E’ una domanda interessante. Penso che, a differenza dei progetti passati che ho realizzato per conto mio, in questo film le due cose coesistono. Credo di avere immaginato la storia e l’aspetto visivo nello stesso momento.

Cosa spera che rimanga impresso al pubblico del film?
Spero che si sentano dispiaciuti per me e per la mia sfortuna con le ragazze. Non tanto nel film, ma nella mia vita reale. Mi auguro che decine di ragazze si offrano di aiutarmi a superare le mie precedenti esperienze in cui sono stato respinto. Scherzi a parte, ora sto bene. Spero che la gente si diverta e che rimanga coinvolta dalla storia. E mi auguro che le persone si sentano ispirate e che, tornando a casa, prendano un paio di forbici e una scatola di cartone e decidano di realizzare la loro piccola storia personale.