Olimpiadi di Monaco. 5 settembre 1972. Un commando palestinese sequestra e poi uccide undici atleti della squadra olimpica
israeliana. Il mondo è sconvolto. Israele grida vendetta e incarica i servizi segreti di eliminare unidici terroristi
palestinesi. La missione è affidata a cinque uomini.
La rappresentazione spielbergiana dei tragici eventi di Monaco ’72 ha come forza motrice l’uomo modellatore dei nuclei su
cui si fonda il film: l’odio e l’amore. Lo sguardo di Spielberg è sempre diviso in due, alterna cioè l’osservazione
all’animo umano, sensibile, fragile, paterno alla penetrazione nel sangue della violenza, della ferocia, della vendetta.
Spielberg realizza così un film emozionante e sofferto, amaro e disperato. L’uomo che rapresenta è in costante conflitto
con sè stesso, con la propria identità con il proprio passato. Come accadeva in
Shindler’s List oppure in
Catch
me if you can. L’uomo di Spielberg oscilla tra il bene e il male, cosa è giusto e cosa è sbagliato. Spielberg ricalca
un tipo di vendetta che corrode pure chi la sta attuando. Non risparmia nessuno. Pura matrice dell’odio. Nel nome del padre,
del figlio e della patria santa. Ottimo il cast, gli effetti speciali, la fotografia. Come sempre del resto.
MATTEO MAZZA