Non succede tanto spesso (purtroppo) di potere gettare uno sguardo sul cinema africano, che pure produce opere impegnate ed
interessanti. “Moolaadé” costituisce una splendida occasione. Il film, premiato nella sezione Un certain regard a Cannes
2004, è diretto da Sembene Ousmane, senegalese, ormai ottuagenario, attivo nel cinema dagli anni ’60 ed autore di Camp de
Thiaroye che a sua volta nell’88 si aggiudicò il premio speciale della giuria a Venezia. Il titolo allude ad una sorta di
diritto di asilo e protezione che la protagonista concede a quattro bambine (altre due si sono uccise) per evitare che
vengano sottoposte al rito dell’escissione, cioè alla mutilazione della clitoride, pratica barbara che mira alla
sottomissione della donna anche attraverso la privazione del piacere sessuale. La fermezza della protagonista dà origine
ad una vera e propria sollevazione delle donne del villaggio, dopo che si è scatenata anche una “guerra delle radio”, che
gli uomini tentano di eliminare per togliere alle donne qualsiasi fonte di informazione, di modernizzazione e di svago. Il
racconto drammatico è condotto da Sembene con una mano felicissima, con un ritmo che sembra assecondare il graduale
evolversi degli avvenimenti piuttosto che forzarli attraverso la loro spettacolarizzazione, e che non rinuncia a tocchi
umoristici, consapevole che la condizione umana è una commistione di tragedia e di commedia. MAURO CARON