FUORISCHERMO

 

DIZIONARIO DEI FILM 2008
IL MEREGHETTI
A cura di Paolo Mereghetti, con la collaborazione di Alberto Pezzotta e Filippo Mazzarella, Roberti Curti, Pier Maria Bocchi e Alessandro Stellino,
tre tomi, pp. 3341 + 1358, Milano, Baldini Castoldi Dalai 2007, 44,5 euro
IL MEREGHETTI Se, come il sottoscritto, siete amanti dei dizionari del cinema - questi meravigliosi contenitori informativi da scaffale, scrivania o comodino - sarà imperdibile l'ultima edizione de "Il Mereghetti"*, come ormai viene chiamato per antonomasia (e come recita anche il nome dell'opera), che dal "millesimo" 2002 esce con lo stesso formato a cadenza biennale. Quest'anno i tomi sono tre, riuniti in un bel cofanetto che ha l'accortezza di lasciare un po' di spazio interno per non rovinare i volumi con l'uso. Un uso pressoché quotidiano per dubbi da sciogliere, informazioni da recuperare, confronti critici, e non ultimo per il piacere della lettura. Perché è proprio qui che risiede l'unicità e l'attrattiva del dizionario "più venduto e imitato" (come recita lo slogan di copertina): nella perfezione delle sue schede. Al di là infatti della compiutezza della documentazione (recensiti oltre 21.000 film), della funzionalità degli indici (un volume a parte con attori, titoli originali dei film e registi: a quando gli sceneggiatori e i direttori della fotografia, due mestieri certo non secondari della macchina-cinema?), della sfiziosità delle voci tematiche (quest'anno sono entrati Amleto, Falcon, i classici Disney, Masters of Horror, Il Santo e Star Trek, dimenticati però nell'indice) e dell'inevitabile arbitrarietà di alcuni giudizi (non molto sindacabile ma spesso pericolosa per l'equilibrio dell'opera**), la grandezza del dizionario è tutta nell'efficacia delle schede, fusione spesso perfetta tra asciutezza del testo e profondità critica. Un esempio imprescindibile di sintesi (narrativa e interpretativa) che sarebbe subito da veicolare nelle scuole, e che critici, editorialisti ed elzeviristi dovrebbero sempre avere sul proprio tavolo da lavoro.

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* Quest'anno il colore è un bel rosso carminio e dopo A qualcuno piace caldo di Billy Wilder, Dead Man di Jim Jarmusch, La signora di Shangai di Orson Welles, Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick, Gilda di Charles Vidor, Un americano a Roma di Steno e Uccellacci e uccellini di Pier Paolo Pasolini, la scelta del fotogramma di copertina è caduta su Pane, amore e gelosia di Luigi Comencini.

** Ad esempio: come possono coesistere, in valore assoluto - il dizionario, spesso quello che si misura con il giudizio, ha infatti in sé un taglio tanto "oggettivo" quanto conseguentemente gerarchico - le due stelle e mezzo a Strade perdute di Lynch e a Pitch Black di David Twohy? Un accorgimento per - forse - superare questa impasse sarebbe portare a 5 stelle il punteggio più alto della scala di merito. Così si sfumerebbero maggiormente i giudizi, permettendo valutazioni personali pur non minando l'asse gerarchico e le proporzioni "oggettive" dell'opera (indipendentemente dal giudizio individuale, Strade perdute non può essere qualitativamente equiparato a Pitch Black).