Se, come il sottoscritto, siete amanti dei dizionari del cinema - questi meravigliosi contenitori informativi da scaffale,
scrivania o comodino - sarà imperdibile l'ultima edizione de "Il Mereghetti"*, come ormai viene chiamato per antonomasia (e
come recita anche il nome dell'opera), che dal "millesimo" 2002 esce con lo stesso formato a cadenza biennale. Quest'anno
i tomi sono tre, riuniti in un bel cofanetto che ha l'accortezza di lasciare un po' di spazio interno per non rovinare i
volumi con l'uso. Un uso pressoché quotidiano per dubbi da sciogliere, informazioni da recuperare, confronti critici, e non
ultimo per il piacere della lettura. Perché è proprio qui che risiede l'unicità e l'attrattiva del dizionario "più venduto
e imitato" (come recita lo slogan di copertina): nella perfezione delle sue schede. Al di là infatti della compiutezza
della documentazione (recensiti oltre 21.000 film), della funzionalità degli indici (un volume a parte con attori, titoli
originali dei film e registi: a quando gli sceneggiatori e i direttori della fotografia, due mestieri certo non secondari
della macchina-cinema?), della sfiziosità delle voci tematiche (quest'anno sono entrati Amleto, Falcon, i classici Disney,
Masters of Horror, Il Santo e Star Trek, dimenticati però nell'indice) e dell'inevitabile arbitrarietà di alcuni giudizi
(non molto sindacabile ma spesso pericolosa per l'equilibrio dell'opera**), la grandezza del dizionario è tutta
nell'efficacia delle schede, fusione spesso perfetta tra asciutezza del testo e profondità critica. Un esempio
imprescindibile di sintesi (narrativa e interpretativa) che sarebbe subito da veicolare nelle scuole, e che critici,
editorialisti ed elzeviristi dovrebbero sempre avere sul proprio tavolo da lavoro.
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* Quest'anno il colore è un bel rosso carminio e dopo
A qualcuno piace caldo di Billy Wilder,
Dead Man di Jim
Jarmusch,
La signora di Shangai di Orson Welles,
Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick,
Gilda di Charles
Vidor,
Un americano a Roma di Steno e
Uccellacci e uccellini di Pier Paolo Pasolini, la scelta del fotogramma
di copertina è caduta su
Pane, amore e gelosia di Luigi Comencini.
** Ad esempio: come possono coesistere, in valore assoluto - il dizionario, spesso quello che si misura con il giudizio, ha
infatti in sé un taglio tanto "oggettivo" quanto conseguentemente gerarchico - le due stelle e mezzo a
Strade
perdute di Lynch e a
Pitch Black di David Twohy? Un accorgimento per - forse - superare questa impasse sarebbe
portare a 5 stelle il punteggio più alto della scala di merito. Così si sfumerebbero maggiormente i giudizi, permettendo
valutazioni personali pur non minando l'asse gerarchico e le proporzioni "oggettive" dell'opera (indipendentemente dal
giudizio individuale,
Strade perdute non può essere
qualitativamente equiparato a
Pitch Black).