FUORISCHERMO

 

MATCH POINT
FLYER
Regia:Woody Allen
Sceneggiatura:Woody Allen
Montaggio:Alisa Lepselter
Musica:
Fotografia:Remi Adefarasin
Interpreti principali: Scarlett Johansson, Jonathan Rhys-Meyers, Emily Mortimer, Matthew Goode, Brian Cox, Penelope Wilton
Origine :Gran Bretagna / Lussemburgo, 2005
Durata: 124'
Colore






FLYER La scalata sociale di un giovane istruttore di tennis (Jonathan Rhys-Meyers) è complicata dalla gravidanza di un'amante scomoda. Il "net" di un anello compromettente giocherà a suo favore. Un delitto senza castigo come apologo dell'incidenza della fortuna nell'inespicabile intrico dell'esistenza: Allen modifica sensibilmente il suo stile, dilatando i tempi, raffreddando lo humour, rimanendo distaccato - impassibile, verrebbe da dire - nella rappresentazione. Il racconto è quasi fin troppo a tesi, la regia non ha - come accade spesso nel suo cinema - particolari acuti o memorabili invenzioni, ma lo script è di ferro, i caratteri ben delineati e l'impressione finale è una sorta di penetrante sgradevolezza che rimane appiccicata tra gli occhi e l'anima.
MASSIMO ZANICHELLI


FLYER Un giovane istruttore di tennis (Meyers), per una serie di fortunate circostanze diventa amico del rampollo di una famiglia dell’alta società. S’innamorerà della sua fidanzata (Scarlett Johansson) ma sposerà sua sorella (Emily Mortimer), in grado di assicurargli un invidiabile tenore di vita. Eccellente ritorno alla regia di Woody Allen, che dopo le poco brillanti commedie sentimentali (Melinda, Melinda e Anything else) che scimmiottavano successi di altri tempi, rade al suolo tutti i suoi vezzi e confenziona un film intenso e avvincente. Un po’ commedia sofisticata e un po’ thriller, il “nuovo” Allen fotografa due culture messe a confronto, quella americana e quella inglese, con lucidità e dinamismo. Confeziona così facendo un film amaro e disilluso, a tratti cinico e spietato. Non mancano, per fortuna, le stoccate humour, le citazioni colte, e un po’ snob, e le tradizionali riflessioni sulla vita dell’uomo. Compresa l’allegoria con il tennis che spesso torna nei suoi film. Questo è uno dei migliori.
MATTEO MAZZA


FLYER Nell’ultimo film di Allen abbondano gli elementi binari (due giovani uomini, due giovani donne, due stranieri a Londra – un irlandese e un’americana - due bambini che potrebbero nascere o non nascere, due omicidi, un fucile a doppia canna): a segnare la visione di un mondo (tematizzato nell’immagine iniziale, divisa in due dalla rete di un campo da tennis) dove a decidere le sorti umane non sono Dio né la giustizia né le capacità individuali, ma semplicemente la fortuna che, come il rimbalzo fortuito di una pallina o di un anello, può decretare la vittoria o la sconfitta, la salvezza (non sempre del migliore) o la perdizione (non sempre del colpevole). Allen mette da parte ogni residuo di umorismo e racconta il suo nero apologo socio-esistenziale (dalla non-morale affine a quella di Crimini e misfatti) citando Dostojevski e seguendo le avventure di un mr. Ripley contemporaneo pigro e cattivo, combattuto tra un’ambizione sociale passiva e un desiderio sessuale incontrollabile. Regia misurata, sceneggiatura calibrata, attori perfetti. Un film praticamente impeccabile.
MAURO CARON