FUORISCHERMO

 

LEONI PER AGNELLI
FLYER
Titolo originale: Lions for lambs
Regia: Robert Redford
Sceneggiatura: Matthew Michael Carnahan
Montaggio: Joe Hutshing
Musica: Mark Isham
Fotografia: Philippe Rousselot
Interpreti principali: Meryl Streep, Tom Cruise, Robert Redford, Andrew Garfield, Derek Luke, Michael Peña
Origine : USA, 2007
Durata: 91'

FLYER Nel 2008 negli Stati Uniti si vota. Questo è un preambolo indispensabile per capire il nuovo film di Robert Redford, che arriva secondo dopo Paul Haggis a raccontare l’America in guerra. Ma se Haggis, tramite un genere, il crime story, tipicamente americano, trae un ritratto dolente di una nazione sconfitta che ha perso la bussola, Redford, invece, si affida ad una regia statica, a dialoghi verbosi e a duelli schematici che contrappongono un giovane senatore Repubblicano rampante in corsa per la presidenza, una giornalista liberal che si è venduta per un aumento di stipendio e per una buona assistenza sanitaria (che, come Moore insegna, non è una cosa così scontata da avere negli Stati Uniti), un professore coi sensi di colpa che cerca di risvegliare la coscienza di un giovane studente disilluso, mentre due suoi ex allievi rischiano la pelle in Afghanistan alla ricerca di quel riscatto sociale che la loro nazione non può dare. Insomma, bigini dei problemi che l’America sta affrontando e a cui i candidati alle elezioni dovranno dare una risposta convincente. Ma il film di Redford non convince, anzi annoia e il sacrificio finale si ammanta di retorica, come tutto il film.
DAZEROADIECI:: 5
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FLYER L’America ci ha abituati a tentativi, talvolta maldestri, di espiazione della sua politica internazionale attraverso il cinema. Il messaggio è sempre lo stesso: “gli errori ci sono stati, possiamo sbagliare anche noi e del resto sbagliare è umano e proprio di chi si vuole prendere le responsabilità. C’è un fondo di inevitabile ipocrisia e fatalismo in tutti noi, ma se non vogliamo piombare nuovamente nel Medioevo, lasciateci fare. E fidatevi”. E’ quest’immagine dell’America “bipartita” nell’Io che emerge dal film di Redford: un lodevole conflitto interiore che è la prova di una sincera riflessione. Leoni per agnelli appartiene a questa genìa di lungometraggi antifrastici: che affermano cioè il contrario di ciò che vorrebbero far credere di sostenere. In questo caso, “abbiamo sbagliato” si legge “abbiamo ragione”. Ma questo, alla lunga stanca. Il film è costruito in tre blocchi narrativi che si alternano, tra un compiaciuto e paternalistico Robert Redford e un fanciullesco e imbalsamato Tom Cruise si salva solo la solita Meryl Streep. Insopportabili i personaggi della “nuova generazione”, compresa la pragmatica e cinica scelta dell’esercito come strumento di redenzione, dove si muore per una causa sbagliata ma per l’onore della Patria, in piedi. La sceneggiatura lo dice chiaramente: non importa come e perché ci siamo messi in questo pasticcio, ma ora dobbiamo fare “tutto ciò che serve” per uscirne. Per dirla con Moretti: continuiamo così, facciamoci del male. Per fortuna, il film è breve.
DAZEROADIECI: 4
SAMUEL COGLIATISAMUEL COGLIATI