FUORISCHERMO

 

L'ENFANT
FLYER
Titolo originale: L'enfant
Regia: Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne
Sceneggiatura: Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne
Fotografia: Alain Marcoen
Montaggio: Marie-Hélène Dozo
Musica: Jean-Pierre Duret
Interpreti principali: Jérémie Rénier, Déborah François, Jérémie Segard, Fabrizio Rongione, Olivier Gourmet
Origine : Belgio / Francia , 2005
Durata: 95'
Colore





FLYER Incuranti delle mode e dei detrattori che li vogliono sempre uguali a se stessi (ma la seconda Palma d’Oro assegnatagli a Cannes nel giro di pochi anni forse poteva effettivamente essere riservata a qualche cineasta più innovativo) i Dardenne perseguono una loro idea di cinema coerente ed intransigente. Aderenza stretta al realismo narrativo, camera a mano, pedinamento dei personaggi, assenza di colonna sonora aggiunta, recitazione naturalistica, attenzione alla marginalità sociale, impegno in temi civili e sociali: stavolta la storia racconta di due giovani balordi ed irresponsabili, che finora hanno vissuto alla giornata. La nascita di un bimbo potrebbe cambiare le cose, ma il ragazzo vende il neonato e solo dopo la violenta reazione della compagna comincerà una difficile ricerca per cercare di recuperarlo. In effetti è difficile capire a chi si riferisca il titolo, se al neonato o al suo immaturo genitore. Cinema di percorso, di crescita, di formazione, di educazione alla responsabilità, duro e puro e perciò sempre bello; cinema morale per essenza e per eccellenza.
MAURO CARON


FLYER In una città del Belgio vallone, i giovanissimi Bruno e Sonia vivono invaghiti ai margini della società, tra mendicità e furtarelli: «Lavorare è roba da coglioni». Sonia partorisce il suo primo figlio; Bruno lo vende di soppiatto al mercato clandestino delle adozioni. E’ la rottura insanabile, che Bruno non comprende: «Ma che ti ho fatto? Ne facciamo un altro e via!» La vicenda si srotola senza speranza: lei combatte, lui affonda nella piccola criminalità. Il ritmo della narrazione è drammaticamente naturale. Non ci sono altre concessioni che qualche vibrante fermo sui piani d’ascolto. Sono gli eventi stessi a svelare che cosa succede; lo squillo del cellulare e il rumore di strada fanno da colonna sonora. La trama finisce per coinvolgere, accennando una possibile compassione che riesce quasi a far sembrare tutto normale. Il pianto liberatorio del finale riporta alla superficie il vero cuore del dramma: l’incapacità dei due ragazzi e del loro mondo di verbalizzare fatti e sentimenti.
SAMUEL COGLIATI