Una ragazza di 21 anni contro il Male assoluto incarnato dal nazismo. Unica donna a far parte del movimento di dissidenza
studentesca della Rosa Bianca, Sophie Scholl insieme al fratello Hans viene incarcerata, condannata e giustiziata nel giro
di pochissimi giorni per aver distribuito volantini antinazisti nella Germani del ’43, sconcertata dalla disfatta di
Stalingrado che prelude al rovesciamento delle sorti della guerra. La piccola Sophie con la sua umana fragilità mantiene
intatta fino alla fine la sua coerenza, la sua dignità, la sua fede nelle idee di libertà e di giustizia. L’apparato se ne
sbarazza (in modo
comunque meno sbrigativo di milioni di altre persone annichilite dal nazismo), ma qualcosa
comincia a scricchiolare sia dentro che fuori di esso. Doveroso omaggio all’individuo che si oppone al male in nome della
propria coscienza e della propria responsabilità,
La rosa bianca racconta una storia che
doveva essere
raccontata, con una messa in scena sobria (mentre la colonna sonora suona qua e là retorica e prevedibile), che chiude la
protagonista in ambienti via via più claustrofobici e mortiferi, sino all’oscurità totale, ma privilegiando (dalla prima
all’ultima inquadratura visibile) i primi e primissimi piani del luminoso volto della protagonista (una nuova Giovanna
d’Arco, citata cinematograficamente).
MAURO CARON