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Titolo originale: L'amico di famiglia
Regia: Paolo Sorrentino
Sceneggiatura: Paolo Sorrentino
Montaggio: Giogiù Franchini
Musica: Pasquale Catalano
Fotografia: Luca Bigazzi
Interpreti principali: Giacomo Rizzo, Fabrizio Bentivoglio, Laura Chiatti, Gigi Angelillo, Clara Bindi
Origine : : Italia 2006
Durata: 110'
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L'usuraio Geremia s'infiltra come un parassita nelle famiglie che gli chiedono soldi, appropriandosi delle loro vite. Un
giorno presta dei soldi ad una famiglia che deve sostenere le spese del matrimonio della loro figlia. Geremia si innamora e
la sua vita subisce grossi cambiamenti. Sorrentino torna a riflettere sulle conseguenze dell'amore offrendo l'antitesi di
Titta di Girolamo, protagonista del precedente film. Figure molte diverse ma al tempo stesso, molto simili, quasi
complementari, entrambe emarginate, ciniche, involute, costrette dentro luoghi o ruoli. E' una riflessione spietata e
piuttosto pessimista quella fatta da Sorrentino, che spesso e volentieri sembra voler rincarare la dose a tutti i costi,
mostrando marioniette senza fili in balia dei soldi e delle false illusioni. C'è, invece, un aspetto più interessante, ma
meno evidente, che fa luccicare gli occhi (a Sorrentino e allo spettatore): il tempo. Cinema di atmosfere rarefatte che
imbriglia il tempo che a sua volta azzera l'uomo. Tentativo ambizioso e riuscito.
DAZEROADIECI: 7,5
MATTEO MAZZA
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Dopo Le conseguenze dell'amore, Paolo Sorrentino torna a parlare di amor fou. Lì il protagonista era un
esiliato di lusso, un contabile della mafia confinato in un hotel svizzero, qui è un usuraio particolarmente ripugnante
(per aspetto, abitudini e moralità) di nome Geremia (Giacomo Rizzo), che vive in uno stabile fatiscente dell'Agro Pontino
con una madre malata ma ancora acuta consigliera, e che s'infila, attraverso prestiti con interessi ad alto strozzinaggio,
nelle vite altrui come un parassita del soldo e dell'anima. Lì l'oggetto del folle amore era la barista dell'albergo, qui
è la sposa frustrata e arrivista (Laura Chiatti) di un giovane inetto. Sorrentino scrive e dirige con un piglio d'autore
d'indubbio talento anche se un po' troppo innamorato di sè. La storia ha numerose pieghe interne, atmosfere oniriche alla
De Chirico (la fotografia è ancora, come già nelle Conseguenze, del grande Luca Bigazzi), personaggi volutamente
laidi e macchiettistici, una considerevole forza interna, visioni che s'incollano addosso, un linguaggio a volte
eccessivamente virtuoso ed esornativo (inquadrature ricercate e frequenti movimenti di macchina che non sempre sono
funzionali alla rappresentazione, musiche ad effetto talvolta scollate, o comunque poco fuse, al tessuto filmico), ma
fortunatamente poco in linea con la piatta orizzontalità del cinema italiano. Dopo le tiepide accoglienze a Cannes,
Sorrentino ha ripreso in mano il montaggio, asciugando un po' il racconto e ritoccando il finale.
DAZEROADIECI: 7,5
MASSIMO ZANICHELLI
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Geremia, usuraio di “piccola taglia”, tirchio e deforme, si innamora (ricambiato?) della sconvolgente bellezza di Rossana
(una Laura Chiatti da “ululato”); le “conseguenze dell’ amore” lo porteranno a perdere tutta la ricchezza accumulata in
anni di “piccoli prestiti”. E’ un film che rimane dentro l’ultimo di Sorrentino; e il personaggio di Geremia va ad
aggiungersi alla sua straordinaria galleria di “perdenti”. Sul piano tematico/narrativo la vicenda sentimentale che fa
perdere il controllo della propria desolante vita al protagonista ricalca il precedente Le conseguenze dell’amore;
mentre sorprende positivamente il tema del ribaltamento del rapporto mostruosità/ normalità: colui che appare allo
spettatore ripugnante nel corpo e nella mente (Geremia) risulta alla fine vittima della bellissima Rossana, di (Gino)
interpretato da un Bentivoglio sempre più “annebbiato” e delle loro torbide macchinazioni. Da evidenziare lo strepitoso
lavoro di sottrazione operato sulla “maschera” tragicomica del guitto Giacomo Rizzo, al suo più importante ruolo della
carriera. Una conferma, sul piano stilistico, la precisione geometrica in “cabina di regia” di Sorrentino, oltre all’uso
sovrabbondante, in senso espressionistico, dei piani e dei movimenti di macchina. Da applausi l’ambientazione quasi
metafisica della storia nella mussoliniana irrealtà di Latina-Littoria (fotografata dall’immenso Luca Bigazzi), specchio
dell’abisso putrido e deforme nel quale vengono risucchiati tutti i personaggi.
DAZEROADIECI:: 8
GIANLUCA CASADEI
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Truce personaggio residente nel luogo più trash d’Italia – l’Agro Pontino –, Geremia conduce una quieta, disperata,
ributtante, spietata vita d’usuraio, nella convinzione che "non esistano cose giuste a questo mondo". La madre
immobilizzata a letto, un braccio misteriosamente ingessato, l’andatura claudicante, la ricrescita dei capelli sotto la
tinta sono altrettante menomazioni fisiche di un animo degenere. Sola traccia di umanità, la ricerca quasi incontrollabile
di amore. Sarà proprio questo residuo sensibile a spezzare i circolo perfetto di Geremia, tuffandolo nella miseria
finanziaria che si attaglia alla sua miseria umana.
Regia efficace, fotografia di rara raffinatezza – magnetici i primi cinque minuti –, colonna sonora vivida e trascinante,
riescono a dare una scintilla di novità all’ennesimo capitolo della meschinità umana, non esattamente la più innovativa
delle trovate narrative. Ma il film incede con sicurezza, energia e coerenza, sin nel finale truce come il protagonista.
DAZEROADIECI: 7,5
SAMUEL COGLIATI
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