Titolo originale: Charlie and the Chocolate Factory Regia: Tim Burton Sceneggiatura: John August dal romanzo di Roald Dahl Fotografia: Philippe Rousselot Montaggio: Chris Lebenzon Musica: Danny Elfman Interpreti principali: Johnny Depp, Freddie Highmore, David Kelly, Helena Bonham Carter, Noah Taylor, Christopher Lee Origine : Usa / Gran Bretagna / Australia, 2005 Durata: 115'
Colore
Il misterioso Willi Wonka (Johnny Depp) farà visitare la sua magica fabbrica di cioccolato ai cinque fortunati bambini che
troveranno i biglietti d'oro nascosti nelle tavolette vendute in tutto il mondo. Ma non sarà una passeggiata… Se La sposa
cadavere è l'alter ego di Nightmare Before Christmas, la Fabbrica di cioccolato lo è di Edward mani di forbice. Burton ne
vira i toni gotici verso una favola coloratissima spolverata di buoni sentimenti. Depp fa salire la temperatura ambigua
dell'intreccio, il resto è svolto dalle invenzioni sceniche, tra cui spiccano i numeri musicali di un gruppo di nanetti
isomorfi. Un po' prevedibile, ma fantasmagorico e onirico come nelle migliori opere del regista. MASSIMO ZANICHELLI
Folgorante esperienza visiva. Eccitante sensazione da sguardo sazio. Tim Burton realizza un altro capolavoro. Questa volta
è il remake del cult anni ’70 tratto dal romanzo La Fabbrica di cioccolato di Roal Dahl. In quello c’era il grande Gene
Wilder. Qui c’è il grandissimo Johnny Depp. Camaleontico. Amaro e pungente. Il suo Willy Wonka è il classico personaggio
burtoniano. Ispirato e intimorito. Fantasioso e inquieto. Un abile genio dal cuore tenero e ferito. Un eroe romantico. Un
film da favola che riesplora le ossessioni burtoniane da cima a fondo. Il Cinema è una scatola plasmabile. Un modellino che
si costruisce. Una grande, anzi infinita, fabbrica di cioccolato. Gli uomini sono creature generate. Come i suoi personaggi.
E la figura del padre anche qui è fondamentale. Chiudi gli occhi, ed ecco un flashback. Il passato è una scatola da aprire.
Come un carillon che con le sue note fa pensare. Sinfonia di musiche e colori. Dimensione alternativa del fantastico
burton’s world. Un’isola che esiste e che fa sognare. Un cinema che fa sognare. Per chiunque. Ma soprattutto per chi ha
dovuto crescere troppo in fretta. MATTEO MAZZA
Travolgente. Se lascia a bocca aperta i più piccoli, La Fabbrica di cioccolato
può far tornare il sorriso ai grandi. Il film, inoltre, offre uno spettacolare Johnny Depp,
che ancora una volta si è messo in gioco, con successo, in un ruolo non certo
ideale per un sex symbol dello schermo. Dall’altra parte però ci sono i balletti kitch degli Umpa Lumpa un po’ alla
Bollywood. Certo è che gli Umpa Lumpa prodotti in serie fanno provare nostalgia per quelli stile Mago di Oz protagonisti
della versione anni ’70 de La fabbrica del cioccolato. Chapeau a Tim Burton per alcune chicche, come i riferimenti a film
cult inseriti nelle trame della pellicola, come 2001 Odissea nello spazio d Kubrick con tanto di colonna sonora e Psycho
di Hitchcock. Da tenere gli occhi aperti nella scena degli scoiattoli: c’è voluto un anno per addestrarli, sembra infatti
che gli animaletti facciano molta fatica a memorizzare le cose, ma per quella scena il regista non voleva usare effetti
speciali. E forse la nota dolente del film sono proprio i troppi effetti speciali che un po’ fanno rimpiangere la versione
anni ‘70.
SONIA MINCHILLO
Il racconto di Dahl offre a Burton lo spunto per un altro dei suoi racconti in cui l’umorismo e il macabro, la fiaba e il
grottesco celebrano bizzarri matrimoni (il titolo dell’altro suo film contemporaneamente in distribuzione non può che
essere più esplicito: La sposa cadavere). Willy Wonka è un’altra incarnazione del tipico (anti)eroe burtoniano, una
marionetta celibe, omofila, un diverso inadeguato alla vita ordinaria, generato da un complesso edipico abnorme e a sua
volta incapace di generazione, se non sublimata; come la fabbrica del cioccolato è un altro dei suoi mondi fantastici
contrapposti al mondo ordinario, dove la positività sta dalla parte dei primi (cimiteri, oltretomba, castelli gotici e così
via) contrapposti al secondo (contrassegnato dalla tetraggine del reale e dalla grettezza degli interessi e degli appetiti
che lo muovono). La fabbrica del cioccolato esplicita temi ed ossessioni; se ne esce come dopo un’abbuffata di dolci,
saziati e leggermente nauseati, ma alcune sequenze sono visivamente eccezionali (come la descrizione della “catena di
montaggio” del cioccolato sui titoli di testa o l’invenzione degli Oompa Loompa) e il corredo delle citazioni
cinematografiche (da 2001 Odissea nello spazio a L’esperimento del dottor K, da L’occhio che uccide
ai musical coreografati da Busby Berkeley) è tutto da godere.
MAURO CARON