Come è stata coinvolta ne “La cena per farli conoscere?
Quando Pupi ed Antonio Avati mi hanno proposto il ruolo non ho avuto dubbi e ho accettato subito con entusiasmo: sapevo che mi sarei sentita comunque a casa perché loro sono stati i primi a credere in me come attrice quando qualche anno fa mi hanno voluto protagonista di Il cuore altrove. Pupi ha scritto i diversi ruoli di questo nuovo film pensando alle differenti caratteristiche di ognuno di noi attori e naturalmente la conoscenza e la familiarità che si era instaurata da tempo tra noi è risultata molto utile per toccare le corde giuste: una volta che è in scena un attore porta sempre una parte di sé, dà comunque qualcosa al personaggio.
Quale e’ a suo parere la dote principale di Avati?
E’ un regista che sa sempre cosa fare esattamente con i suoi interpreti, capisce volta per volta chi ha bisogno di dolcezza e chi di severità, e - se deve chiedere qualcosa a qualcuno intuisce come e quando chiedergliela sintonizzandosi profondamente con ognuno. Ogni attore ha un rapporto ed una comunicazione diversa a seconda dell’umore del momento, c’è uno scambio di energie sempre diverso: un interprete in genere deve sempre conquistare il suo regista ma Pupi quando sceglie qualcuno per un progetto in qualche modo ne è già conquistato. Ad esempio io in genere sono espansiva e un giorno magari nonostante l’adrenalina costantemente in circolo - sono malinconica e pensierosa ma Pupi riesce a leggerti comunque bene il tuo stato d’animo e sa sempre usare volta per volta le parole giuste e necessarie in quel momento.
In che cosa le somiglia il suo personaggio?
E’ una donna che ho ritrovato simile a me innanzitutto nel modo di rapportarsi a suo padre ma abbiamo in comune anche il modo di vedere le cose, l’approccio alle persone, l’abnegazione per i bambini, la capacità di evitare sempre e comunque gli atteggiamenti di forza e di aggressività. Ma questo è forse anche il difetto di questa persona così speciale: cerca sempre di giustificare e perdonare tutti, anche chi le ha fatto del male e la addolora e pur riconoscendo questa sua debolezza di carattere finisce col conviverci, per quieto vivere. Forse però alcune volte avrebbe bisogno di diventare un po’ più drastica.
Che differenze e che analogie ha riscontrato questa volta rispetto alle sue altre esperienze di set?
Sono una principiante quasi assoluta ma quando giro un film vivo tutto al 100%, ci metto il cuore, mi trasformo, dimentico me stessa, vivo tutto molto intensamente e mi concentro sul personaggio portandolo con me anche a riprese finite, ritrovandomi con una maggiore esperienza. In questa occasione sono stata stimolata ulteriormente dall’opportunità di prendere parte per la prima volta non ad una consueta storia di coppia ma ad un film corale insieme a diverse altre donne e sono stata aiutata a lavorare in serenità dal bel clima di complicità creativa che si e’ instaurato tra tutti noi.
Che rapporto si e’ creato con gli altri attori?
Se c’e’armonia su un set è tutto molto più semplice e questa volta tutto è filato via tranquillamente, senza nessun problema di competizione: tra noi ragazze c’è stata comprensione, abbiamo fatto amicizia - anche se magari a volte parlavamo più a lungo e più intensamente ed altre volte meno, perché ognuno comunque ha i suoi momenti di maggiore o minore socievolezza - e la stessa cosa è avvenuta con tutta la troupe, partecipe e motivata come raramente accade. Ho osservato ed ascoltato molto anche Diego Abatantuono per capire qual’è il suo approccio al mestiere e in lui ho apprezzato la capacità di essere creativo grazie all’istinto, al di là del ricorso alla tecnica ad ogni costo.