FUORISCHERMO

 

LA CENA PER FARLI CONOSCERE
INTERVISTA A DIEGO ABATANTUONO

DIEGO ABATANTUONO Chi è il Sandro che lei interpreta e cosa gli accade nella storia?
E’ un attore sessantenne di soap opera in declino reduce da una disastrosa operazione di chirurgia estetica che sentendosi solo e disperato il giorno di Natale decide per attirare l’attenzione altrui di mettere in atto un finto suicidio che per poco non gli si rivela fatale. Le sue tre figlie - residenti in diverse città europee e nate da tre madri diverse - con le quali fino ad allora aveva avuto scarsi rapporti decidono di organizzare una cena per presentargli una donna che secondo loro potrebbe renderlo felice. Il nuovo legame tra padre e figlie permetterà a Sandro di ritrovare la serenità perduta.

E’ un personaggio che le somiglia o potrebbe somigliarle?
E’ un attore in declino con notevoli difficoltà e diversi problemi familiari e di identità ed io credo e spero di essere piuttosto diverso da un tipo simile, non ho mai visto il mio lavoro come una missione nè come l’unica possibilità che in assoluto mi fosse stata data, era solo uno dei tanti mestieri possibili e per fortuna mi è andata bene. Non arriverei mai a deprimermi ed a disperarmi per la mia carriera come accade a Sandro, pur riconoscendo realistica e credibile la ricostruzione che Pupi Avati è riuscito a realizzare di un mondo come quello della tv che in parte è proprio come lui lo descrive, in parte è peggio e in parte è meglio. Insomma qualche volta è spietato, becero, triste e ancora più cattivo e qualche volta può offrirti anche dei momenti felici.

DIEGO ABATANTUONO Come si è trovato questa volta sul set, quali novità ci sono state rispetto ai vostri precedenti lavori insieme?
Gli eventi nuovi ed impensabili sono stati tre: ritrovarmi a fare il padre di tre belle ragazze e ad essere soltanto un ex marito ed un ex amante e’ stata una bella bastonata da un punto di vista.. epocale. Poi dovevo invecchiare ed imbruttirmi, cosa non troppo difficile perché tendo all’opulenza in poco tempo, mentre lo “sgonfiamento” è più difficile. Infine ho dovuto rinunciare a portare i baffi ed il pizzo a cui tenevo molto: sono state tutte prove difficili ma il nostro è un mestiere in cui le si deve affrontare comunque volentieri cercando poi di rientrare al più presto nei vecchi panni. Il Sandro che interpreto è un tipico prodotto di un certo ambiente nell’ambito del quale essendo fatto di successi ed insuccessi io mi sento un po’ anomalo, non avvertendolo visceralmente mio. Quello che viene sottolineato in modo importante però è che alla fine la vita vera vale di più di quella del cinema e della tv. Ho avuto la fortuna di poter girare tanti film brillanti, tanti comici e tanti drammatici ma qui c’è stato spazio per un divertimento che nasce da situazioni serie e profonde come è sempre avvenuto nella tradizione della migliore commedia italiana.

Che rapporto si è creato con gli altri attori?
Se i colleghi sono Ines Sastre, Vanessa Incontrada o Francesca Neri non è esattamente la stessa cosa rispetto a quando reciti con Delle Piane o con Haber ed è superfluo approfondire perché... Ma devo dire che lavorare tra amici è una bella prerogativa che mi sono concesso spesso, fa parte del cinema che ho amato di più, il sodalizio che si crea con qualcuno che conta davvero ti fa sempre sperare di tornare a recitare con lui. Ed è inutile sottolineare quanto con Pupi io mi senta sempre davvero a casa.

DIEGO ABATANTUONO Quale è secondo lei lo stile, il tocco tipico di Pupi Avati che rende unici i suoi film?
Ci sono molti modi di avere talento nel cinema ma Pupi ha il privilegio di conoscere il suo mestiere nella sua totalità, in ogni dettaglio tecnico, si emoziona quando scrive e quando gira e riesce a fare emozionare gli altri.

Che rapporto si è creato tra voi nel tempo?
E’ qualcosa di speciale e insieme di molto intimo, ho una grande passione per lui, mi ricorda tante figure che mi sono mancate o sono venute a mancarmi col tempo. Il nostro è un rapporto privilegiato, lui e’ l’unico compagno di lavoro e l’unico amico che mi fa sentire un po’ figlio, che mi da’ un po’ di respiro e che per un verso mi toglie un po’ di responsabilità, mentre per un altro mi rende più responsabile perché mi stimola a far bella figura. Conservo ottimi rapporti con altri amici registi come Gabriele Salvatores, Carlo Vanzina o Giovanni Veronesi, se la continuità del nostro rapporto professionale ogni tanto si è interrotta non sono certo stato io a deciderlo. Con Pupi però è tutto più speciale, esiste tra noi una sorta di rapporto padre-figlio, spero ricambiato perché la mia vita ed il mio lavoro hanno incrociato spesso per mia fortuna il suo bel percorso di uomo e di regista: il bello del nostro mestiere è che ogni rapporto che si crea è unico. Nel caso di Avati indiscutibilmente conta molto l’affetto ma ti senti anche protetto dalla qualità del prodotto che stai contribuendo a creare, lui ti arricchisce sempre come un genitore che ti insegna comunque delle cose.