Come racconterebbe il suo film?
Brevemente, potrei dire, “è la storia di cinque donne libanesi, cinque amiche di età differenti, che lavorano o s’incontrano
in un salone di bellezza a Beirut.„ E poi potrei aggiungere, “in questo mondo tipicamente femminile, queste donne - che
soffrono dell'ipocrisia di un sistema orientale di fronte all’apertura occidentale - si aiutano ad affrontare i problemi
che incontrano con gli uomini, l'amore, il matrimonio e il sesso… Oggi, in quella parte del mondo, il Libano appare come
esempio di un paese aperto, libero e con una società emancipata. Ma questo non sempre è vero. Dietro la facciata, le donne
sono ancora costrette a molti vincoli, al continuo timore degli sguardi della gente ed al loro giudizio. In questo contesto,
le donne libanesi si consumano dai sensi di colpa e dai rimorsi. Nel salone di bellezza, le mie eroine si sentono al sicuro.
È un posto in cui, anche se affrontano argomenti intimi e privati, non si sentono mai giudicate. La donna che ti taglia i
capelli ti mette a nudo, in tutti i sensi, e quello è quindi un momento in cui non si può truffare. A poco a poco, ci
apriamo e gli raccontiamo le nostre vite, i timori, i progetti, le tresche amorose...
Perchè questo titolo?
E’ la tipica ceretta per la depilazione che si usa in Medio Oriente, una miscela di zucchero, limone e acqua, che portata ad
ebollizione si trasforma in caramello. Questa miscela si lascia poi raffreddare sul marmo. Si trasforma così in una pasta
adesiva che rimuove i peli superflui. Ma il caramello, seppur squisito e dolce, può bruciare e farti male… Ci racconti dei
personaggi, partendo da Layale, il ruolo che interpreta. È la proprietaria del salone. Una donna giovane di circa 30 anni,
cristiana, che vive ancora con i suoi genitori, come effettivamente accade a tutte le donne giovani e celibi in Libano.
Mostra i simboli della sua fede e parla apertamente della sua religione. Layale è innamorata di un uomo sposato e ne è
l’amante. Perfetto esempio della umana contraddizione. Da un lato c’è la sua famiglia che non vuole deludere, la sua
religione, un bozzolo protettivo e, d'altro lato, c’è l’uomo dal quale lei è completamente dipendente e che rappresenta la
trasgressione.
Per un’esordiente non deve essere stato facile dirigere e interpretare allo stesso tempo…
Ammetto che ho esitato a lungo. Ero tentata dall'idea di recitare, ma allo stesso tempo ero spaventata che ciò potesse
compromettere in qualche modo il film. Fortunatamente, mi sono assunta il rischio e ciò mi ha permesso di dirigere le parti
che interpretavo e di stare ancora più vicino alle attrici che erano delle non-professioniste.
Il coinvolgimento di attrici non professioniste è stata una scelta precisa o una semplice coincidenza?
Ho voluto delle donne che nella realtà sono come i loro personaggi. Avevo un'idea molto precisa della loro costituzione
fisica, della loro personalità, delle parole che avrebbero usato e non ho cercato dei personaggi. Ho dovuto cercare invece
nelle strade e nei negozi, a casa di amici… Ciò ha preso tempo, ma sono tutte molto vicine alla realtà, ai loro ruoli.
E Rima?
È una giovane di 24 anni, un po' ragazzaccio, che nel salone fa gli shampoo. Silenziosa e introversa, non è come le altre.
Rima si sta cercando. Poco a poco, scopriamo che è attratta dalle donne. Ma sa effettivamente di cosa si tratta? Joanna
Moukarzel è il direttore finanziario di una grande azienda di apparecchi elettrici. Sono rimasta immediatamente affascinata
dalla sua spontaneità
Chi è Nisrine?
Una donna musulmana di 28 anni, amica di Layale, che lavora nel salone. Sta per sposarsi con un ragazzo musulmano che non sa
che non è più vergine. Questo è per lei un problema gravissimo. Dovrebbe dirglielo? O stare zitta e rifarsi una verginità
come molte altre ragazze libanesi fanno in questa situazione? Yasmine Al Masri non è un’attrice. È nata in Libano da madre
egiziana e da padre palestinese. È un’ottima amica che ho conosciuto a Parigi quando studiava Storia dell’arte. Nisrine non
sarebbe potuta essere nessun’altra che lei.
E Jamale, la cliente?
Jamale è amica di tutte le ragazze del salone. Non sappiamo effettivamente quanti anni abbia o a quale religione appartenga.
È così spaventata dall’idea di invecchiare che nasconde a tutti di essere in menopausa. La vita per lei non è nient’altro
che una messa in scena. Molte donne nel mio paese vivono questa situazione perché per loro la seduzione e la bellezza
svolgono un ruolo fondamentale nella vita. Jamale desidera stare bene ed essere un’attrice perché, dopo aver dedicato
l’intera vita ai suoi figli, desidera brillare ed esistere, in special modo perché suo marito l’ha lasciata per una donna
più giovane. In realtà, Gisèle Aouad è una segretaria, estroversa e generosa.
E Rose, la sarta?
Rose è una donna di 65 anni, cristiana, che abita accanto al salone di bellezza e conosce bene tutte le ragazze. Non si è
mai sposata perché ha dedicato l’intera esistenza a sua sorella, un’amabile vecchietta con le rotelle fuori posto. Quando
viene a contatto con Charles, sente il cuore batterle per amore, ma il senso di rinuncia e sacrificio prendono il
sopravvento. In Libano dopo una certa età, quando una donna è vedova, divorziata o “zitella”, le convenzioni non le
permettono più di innamorarsi, perché il rischio è rendersi ridicole… in questa società chiusa, è la stessa famiglia che
ti fa sentire colpevole. Sihame Haddad è una casalinga. Sono stata immediatamente attratta dalla sua personalità, toccante
e sensibile pur nella sua fermezza.
E poi c’è la bellissima e misteriosa donna che passa di tanto in tanto…
E non conosciamo neppure il suo nome! È l'esempio perfetto della donna perfetta. Capelli, silhouette, abiti… Lei è tutto
quello che un uomo potrebbe desiderare. Come in un annuncio pubblicitario americano degli anni 60, questa casalinga e madre
rappresenta lo stereotipo della donna ideale. Ma ci renderemo presto conto che è incredibilmente frustrata, come molte
donne libanesi che lasciano da parte le loro personalità per conformarsi all'immagine che è prevista per loro. Tra Rima e
questa donna c’è un'attrazione sincera. Alla fine del film, dopo aver compiuto un viaggio dentro se stessa, la bella e
misteriosa donna fa un gesto che può sembrare banale: si taglia i capelli neri e lunghi, come per liberarsi di una
difficoltà. Siham Fatmeh Safa è Shia. Sposata per 13 anni ora vive da sola ed emana il mistero del quale avevo bisogno per
il suo personaggio.
E Lili, che interpreta la sorella anziana di Rose?
Lili è stata una benedizione! Nel tratteggiare questo personaggio ho preso ispirazione da una donna di cui avevo sentito la
storia. Una giovane si era innamorata di un ufficiale francese che quando lasciò il Libano, le scriveva ogni giorno lunghe
lettere, ma le lettere venivano quotidianamente intercettate dalla famiglia di lei. Quando la giovane scoprì la cosa, era
ormai troppo tardi e da allora, continua a cercare quelle lettere… Lili ha circa 85 anni, è una zitella un po’ fuori di
senno che raccatta tutto quello che è carta. Avevo quasi perso le speranze di trovarla quando l’ho incrociata per strada
un venerdì santo. Ho capito immediatamente che era la donna giusta. E’ cattolica e parla solamente arabo ed è una donna
decisamente spiritosa.
E questi personaggi rappresentano le donne libanesi?
Più o meno, sì. Ma non volevo fare un lavoro sociologico e certamente non ho riassunto tutta la società libanese. Ho fatto
questo film perché mi pongo sempre le domande sulle donne libanesi. Ossessionate dal loro aspetto, cercano la loro identità
fra l'immagine delle donne occidentali e quella delle donne orientali… La donna libanese vive perennemente come se stesse
rubando gli attimi di felicità. Deve usare tutti i generi di stratagemmi per poter fare ciò che desidera e quando ci
riesce, si sente colpevole. Pensare che siano libere è un errore. Personalmente, anche se sono una donna emancipata che fa
il lavoro che desidera, che fa ciò che vuole, nell’intimo sono ancora profondamente condizionata dalle tradizioni,
dall’educazione e dalla religione. Le giovani libanesi crescono con la parola araba “aayib„ che, accompagnata da un gesto
poco ortodosso vuol dire, “svergognata” e tutto può essere “vergognoso”. Siamo continuamente intimorite da fare qualcosa
che non dovremmo fare e con l'idea fissa di doverci sacrificare per i nostri genitori, bambini, marito e famiglia. In ogni
momento delle nostre vite, abbiamo un esempio da seguire che, naturalmente, non corrisponde a ciò che desideriamo per noi.
La donna libanese, che sia musulmana o cristiana, vive una contraddizione fra che cosa è, che cosa desidera essere e cosa
le è permesso essere.
Nel film, Jamale è ossessionata dalla chirurgia plastica. E’ in qualche modo lo specchio del paese?
Come dappertutto, ritengo. Ma poiché siamo una nazione molto spontanea, a Beirut c’è stata una vera e propria esplosione di
interventi. Le donne cominciano molto giovani. Il naso, la bocca, la liposuzione, le sopracciglia, le rughe, il seno… tutto
si può rifare. Non sono contraria finché è ragionevole. Mi sono ribellata contro la chirurgia perché la donna libanese ha
creato un proprio canone di bellezza, che non è comune in nessun’altra parte del mondo: sopracciglia molto alte, un naso
molto piccolo, labbra gonfie, zigomi alti, ecc. Desideriamo apparire come le donne occidentali ma applichiamo dei criteri
che non possono definirsi esattamente “discreti”.
La pratica di rifarsi una verginità è molto comune?
Per i musulmani, come per i cristiani, la verginità ha un grande valore. Per la società libanese è portata all’estremo. Le
apparenze, il timore di non essere adeguate, i modelli da seguire hanno fatto fiorire questo genere di intervento che si
pratica segretamente in cliniche affermate. Gli uomini non ne parlano mai apertamente e di conseguenza non sappiamo
effettivamente cosa ne pensano. Anche se sostengono di essere di mentalità aperta, come reagiranno di fronte alla realtà?
Fra modernità e tradizione, gli uomini sono spesso confusi come le donne. Ma, anche in questo caso bisogna evitare le
generalizzazioni.
L'omosessualità è ancora un tabù?
Sì, definitivamente. Nel film Rima non manifesta la sua omosessualità. Si limita a provare l’emozione di uno shampoo alla
bella sconosciuta e le amiche, pur consapevoli, non lo accennano mai. Quando Layale cerca un hotel per trascorrere un po’
di tempo col suo amante, deve dimostrare che è sposata.
È anche questa una realtà?
Non in hotel turistici. Ma negli altri, sì. Oppure venite guardate con sospetto. Legalmente,non si può frequentare un
albergo se non si è sposate. La società libanese è ancora molto puritana.
E gli uomini sono tutti così “machos”?
Per niente. Nel film sono tutti amichevoli, il poliziotto, il promesso sposo, il signore anziano… L'unico bastardo è
l'amante di cui non vediamo mai la faccia. Quella è stata una scelta precisa perché il modello di marito con amante esiste
in ogni paese nel mondo. Gli altri uomini sono invece come li vorrei. Il poliziotto ci sorprende col suo romanticismo e la
sua sensibilità. Charles, l'uomo anziano che s’innamora di Rose, è elegante e pieno di tenerezza. E infatti, gli uomini
libanesi stanno avendo qualche crisi di identità...
C’è uno straordinario senso dell’umorismo nel film. E’ una qualità libanese o esclusivamente sua?
L’autoironia si trova spesso nei libanesi. È un mezzo per superare tutto quello che abbiamo passato. Le donne libanesi sono
superstiti. Come tutte le donne arabe, sono passionali e dotate di un forte temperamento, ma si rifiutano di sdrammatizzare
e si lasciano sopraffare dal dispiacere. Il loro modo di difendersi è farsi scherno di tutto. Dopo aver provato la guerra,
come l’abbiamo provata noi, potete guardare le cose con un’altra prospettiva.
Nel 1990, quando la guerra si è conclusa, lei aveva 17 anni. Caramel è il primo film libanese che non ne fa cenno. Come
mai?
Quando ho deciso di realizzare questo film ho desiderato scrivere del futuro e non ho voluto guardare indietro. Appartengo
ad una generazione che desidera parlare di qualcosa di diverso, storie d’amore per esempio, qualcosa che sia più vicino
alla nostra sensibilità. Gli eventi del passato sono stati osservati, analizzati, rivisti e sezionati al punto di non
avvertire più l'esigenza di accennarli. Purtroppo, dopo una settimana dalla fine delle riprese, ci siamo ritrovati a vivere
ancora eventi drammatici.
Oggi, dopo i fatti sanguinosi dell'ultima estate, potrebbe ancora scrivere la stessa storia?
Quando è scoppiata la guerra avevo appena cominciato a montare il film. Sono stata sopraffatta dal senso di colpa. Mi sono
chiesta “che senso ha questa pellicola colorata sulle donne, l'amore e l'amicizia?„ Per me il cinema dovrebbe avere una
missione e contribuire a cambiare le cose. Ma il mio film che cosa portava o cambiava? Sono stata persino tentata di mollare
tutto, ma, alla fine, mi sono detta che Caramel poteva avere un senso, quello della sopravvivenza alla guerra, di essere
al di sopra di essa, di vittoria sulla guerra, una sorta di vendetta. Segna in qualche modo la mia ribellione ed il mio
impegno. Quindi, si, se dovessi scriverlo di nuovo, sarebbe la stessa storia.
Pensa che i rapporti fra le differenti Comunità potrebbero migliorare grazie alle donne?
Penso proprio di sì. Le donne hanno molto di più in comune che gli uomini: i figli, il senso di protezione, la complicità,
le storie d’amore… Musulmani o cristiani, nessuno può prenderci tutto questo, anche sotto le bombe. Credo nella natura
universale di queste cose.
Perchè avete girato in libanese?
È la lingua del mio paese. Non posso immaginare una pellicola libanese, sul Libano, interpretata da attori libanesi, in
qualunque altra lingua che non sia la mia!
E’ stata una coincidenza o una scelta precisa scrivere la sceneggiatura con due uomini?
Era vitale. Poiché non volevo fare una film puramente al femminile, ho realmente avuto bisogno dell'opinione degli uomini.
La musica gioca un ruolo importante nel film. Come vi siete “accordati”?
Khaled Mouzanar, il compositore, mi conosce bene… È il mio futuro marito! Scrive e compone e sta per lanciare il suo primo
album di canzoni in francese. La sua musica è per me evocativa. Ha un mondo molto speciale che riesce a far rivivere nella
storia. Ha vissuto l'intera avventura di questo film insieme a me e non ho avuto bisogno di spiegargli nulla di ciò che
desideravo. Grazie a lui la musica è protagonista.
Ultima domanda, Caramel è un film politico?
Non era quella la mia intenzione quando l’ho scritto. Ma ora, a causa degli eventi, direi di sì. In Libano, tutto si è
trasformato in un atto politico, la politica è penetrata nelle zone più intime delle nostre vite. Ho pensato che sarei
potuta sfuggire, ma la realtà della guerra mi ha inesorabilmente raggiunta. Malgrado le tensioni che regnano oggi in
Libano,
Caramel riesce a trasmettere un messaggio: sebbene le differenti religioni, la coabitazione e la coesistenza
sono naturali. Questo è come dovremmo vivere.