FUORISCHERMO

 

I VICERÈ
FLYER
Titolo originale: I Vicerè
Regia: Roberto Faenza
Sceneggiatura: Roberto Faenza, Francesco Bruni, Filippo Gentili, Andrea Porporati
Montaggio: Massimo Fiocchi
Musica: Paolo Buonvino
Fotografia: Maurizio Calvesi
Interpreti principali: Alessandro Preziosi, Cristiana Capotondi, Lando Buzzanca. Lucia Bosè, Franco Branciaroli, Guido Caprino.
Origine : Italia, 2007
Durata: 120'

FLYER Una produzione Rai con Cristiana Capotondi e Alessandro Preziosi. L’insieme poteva far presagire una sorta di “Rivombrosa capitolo secondo”, ma Faenza è bravo ad evitare lo schema della fiction all’italiana, mantenendo un montaggio serrato e cinematografico per raccontare in due ore quella che è la storia di una famiglia e di una nazione. Un film nero, cupo, quasi un noir, con personaggi orribili, chiusi nei loro vizi, anche fisici. Il regista non sembra invece in grado di guidare al meglio un cast con numerosi personaggi, quasi tutti importanti all’interno del contesto di una storia familiare. Alcuni spariscono o vengono messi ai margini, quando la storia si concentra sulla vicenda di Consalvo e il suo difficile rapporto con il padre. Preziosi, purtroppo, ha una sola espressione, mentre Buzzanca, attore negletto dalla cinematografia italiana, è una bella scoperta nel ruolo del padre padrone dell’intera famiglia.
Pretestuose le polemiche che hanno accompagnato il film. Certo Faenza ha gioco facile a vendere il film come la riscoperta di un romanzo censurato. Ma la gente che accorrerà per dare sfogo a certi pruriti, rimarrà molto delusa.
DAZEROADIECI:: 6,5
DONATA SALADONATA SALA


FLYER Rompo il mio silenzio. E lo faccio per discutere di un film che non mi ha entusiasmato, diretto da un buon regista italiano che, però, non amo particolarmente: Roberto Faenza. Il suo ultimo film I vicerè non è certo un capolavoro. Come al solito Faenza si dimostra “buon artigiano” confezionando un film stilisticamente un po’ piatto, senza grandi sussulti, che, almeno in parte, anche nella versione cinematografica (perchè ne esiste una anche per la tv) risente della “committenza” televisiva; e sufficientemente capace nella direzione della “coralità” delle singole interpretazioni che questo tipo di riduzione, dal letterario al filmico, richiedeva, pur sfuggendogli un po’ di mano il capofamiglia interpretato dal bravo Buzzanca del quale, in alcuni frangenti, emergono più gli aspetti caricaturali e “macchiettistici” rispetto al carattere “nero” e quasi luciferino dell’Uzeda descritto da De Roberto. Ciò che non condivido, pur rispettandone l’opinione, è il tentativo di liquidare l’intera operazione (compresa quella promozionale compiuta, per altro, direttamente dallo stesso regista) come “pretestuosa” e volta a solleticare i “pruriti” dello spettatore. A parte il fatto che, a mio parere, sono ben altri i pruriti che solleticano lo spettatore attuale (basti pensare al “ritorno” del film noir in Italia in concomitanza con l’ampia risonanza che fatti di cronaca tipo Cogne e Garlasco ottengono sul “media” per eccellenza, la televisione) il romanzo di De Roberto ha rappresentato autenticamente, nella storia della letteratura italiana, una pietra di scandalo “indigeribile” dal sistema di potere coevo (e guardando il film non può non apparire chiaro il motivo di tutto ciò); una lucida requisitoria contro il “qualunquismo” e il sistema di corruzione e clientelismo all’origine degli attuali problemi del Paese. Ma De Roberto ne ha per tutti, non solo per i potenti di turno: punta l’indice anche nei confronti del “popolo”, ad esempio, mai così pronto come da noi a cambiare bandiera con una rapidità sconvolgente (un giorno tutti fascisti, l’altro tutti partigiani!) e dotato di una capacità di memoria che, come disse il buon Marco Paolini in un’intervista , non dura più di un orgasmo! Ritengo che questi aspetti siano sufficientemente rappresentati da Faenza nella sua versione cinematografica e che siano di una potenza e attualità sconvolgente (il comizio finale dell’Uzeda Jr è preso sorprendentemente “alla lettera” dalla versione De Robertiana), tale, comunque, da giustificarne quel determinato tipo di promozione; e costituiscano la vera ed autentica forza e “necessità” di questa pellicola e il grande merito di un autore che ha sempre saputo far emergere dall’oblio del passato storie e personaggi (il don Puglisi di Alla luce del sole o la Sabine Spielrein vittima dello stalinismo e del nazismo in Prendimi l’anima ,solo per fare un paio di esempi) “degne”di essere ricordate.
DAZEROADIECI: 6,5
GIANLUCA CASADEIGIANLUCA CASADEI