FUORISCHERMO

 

IL PAPÀ DI GIOVANNA
FLYER
Titolo originale: Il papà di Giovanna
Regia: Pupi Avati
Sceneggiatura: Pupi Avati
Montaggio: Amedeo Salfa
Musica: Riz Ortolani
Fotografia: Pasquale Rachini
Interpreti principali: Silvio Orlando, Alba Rorwacher, Francesca Neri, Ezio Greggio, Serena Grandi, Manuela Morabito
Origine : Italia - 2008
Durata: 96'

FLYER Avati ricostruisce il passato (come aveva fatto di recente e bene con La seconda notte di nozze e prima ancora con Il cuore altrove), riuscendo nel difficile tentativo di unire realismo e finzione a tutti i codici autoriali del suo cinema. Ricostruisce Bologna quasi interamente a Cinecittà, ricostruisce il 1938 tra bombardamenti e fascisti, ricostruisce la vicenda (che sembra quasi una di quelle di oggi) di una famiglia che si trova a dover gestire qualcosa di ingombrante, pesante, schiacciante. È un racconto carico di emozioni e sentimenti dove emerge l’attenzione nei confronti della malattia, del limite del corpo, dell’amore costretto e cercato, della gelosia, del rancore e del pentimento. È un film molto intenso e delicato che commuove con le giuste distanze, senza ricatti morali e senza ruffianerie, dove emergono figure maschili brave e dignitose come Silvio Orlando (Coppa Volpi a Venezia) e Ezio Greggio (alla prima in un ruolo drammatico), e una generosa e diversa componente femminile (Alba Rorwacher e Francesca Neri).
DAZEROADIECI:: 7,5
MATTEO MAZZAMATTEO MAZZA


FLYER E’ la Bologna del 1938, ma la pervadono echi di una realtà drammaticamente attuale, di disperazioni silenziose e implacabili. “ (…) Non posso nascondere di essermi in parte ispirato a tragedie come quelle di Garlasco, Novi Ligure, Perugia. Chiedendomi che cosa succede in quelle famiglie quando i riflettori delle tv si spengono e le porte delle loro case si chiudono. E così, in questo film, ho cercato di ipotizzare…”
Pupi Avati crea la sua opera forse più matura e lascia nel ricordo nello spettatore la semplicità coraggiosa dei suoi protagonisti: Alba Rohrwacher, Francesca Neri e Silvio Orlando nella prova d’attore che gli è valsa la Coppa Volpi al Festival di Venezia. Poiché indubbiamente sono stati la coesione emotiva e lo spessore interpretativo del film a colpirmi e a conferire credibilità ai toni drammatici, impietosi, della vicenda di Giovanna. Di un amore paterno e assoluto fatto di errori dolorosi nei riguardi di una figlia che distorce a suo modo la realtà in un gesto di follia. A tratti irrisolta la tensione affettiva tra Giovanna e la madre Delia, così come gli squarci della Bologna colpita dai bombardamenti e dalle sofferenze belliche. Attraverso gli anni che portano l’Italia ad essere libera e la fragile, misteriosa Giovanna a tornare a camminare per le vie cittadine a dispetto degli sguardi curiosi e spesso malevoli dei passanti. Sottobraccio a suo padre.
DAZEROADIECI::
JESSICA PERINIJESSICA PERINI


FLYER Continua a sorprendere, Pupi Avati. Per la sua grande capacità di raccontare sottostorie della Storia: una Storia volutamente messa ai margini dell’inquadratura, appena richiamata (forse, a volte, in modo fin troppo illustrativo e didascalico); perchè, come i nostri nonni con il maiale, non butta via niente, recupera tutto quanto si può recuperare: in questo caso tutta la sua lunga e giovanile esperienza con il cinema “di genere”, la conoscenza delle sue consolidate strutture narrative e dei suoi specifici codici linguistici. Ne Il papà di Giovanna gli elementi del giallo, con quella macchina da presa grandangolare posta spesso al di sotto del baricentro dei personaggi. Ma continua a sorprendere, soprattutto, per quanto da sempre riesce ad amare i suoi personaggi. E’ un amore che si sente, un amore ricambiato, un amore rivelatore di capacità attorali insospettate persino nell’ultimo Greggio di turno (Orlando già lo avevamo ampiamente apprezzato anche con altri registi); un amore capace di raccontarci, la diversità, il fragile confine che separa la follia dalla normalità, con levità ma allo stesso tempo, attenzione ai particolari e forza di penetrazione. Sorprende Avati, continua a sorprenderci per la sua “aurea medietas” stilistica. Ma forse è giusto dire che non ci sorprende più. E’ un vertice costante del tanto vituperato cinema italiano. Per chi ama.
DAZEROADIECI: 7
GIANLUCA CASADEIGIANLUCA CASADEI