È possibile fare un matrimonio “diverso”? È la domanda che si pone l’esordiente Massimo Cappelli e a cui prova a dar
risposta attraverso le avventure di Leo (Fabio Troiano) trent’enne con una sola certezza nella vita, che alla sua ragazza
Nina (Violante Placido) il matrimonio non interessi per niente. Ma quando Nina gli chiede di sposarla, per Leo è come
entrare in un incubo, ed ogni sforzo fatto per essere “diversi”, diventa in realtà un modo per rispettare la tradizione in
ogni particolare. Nelle intenzioni del regista la storia vorrebbe essere una satira nei confronti non del matrimonio in sé,
ma di quello che ruota intorno alla “più antica istituzione del mondo occidentale”, come dice uno dei personaggi. È una
marcia a tappe forzate quella che il film descrive: l’abito, le bomboniere, le partecipazioni, la scelta dei testimoni. Ma
il film non ha la necessaria cattiveria nel descrivere tutto questo, e si affida alle solite macchiette di cui il cinema
italiano abusa: l’amico comunista, quello sposato con figli e quello cinico con la parlantina e la battuta pronta,
interpretato da un clone di Libero De Rienzo.
Un film potabile e innocuo.
DONATA SALA