Zingaretti ha un vuoto di senso e lascia Margherita Buy, che allora dice le parolacce; ci rimane male, però per consolarsi
basta guardare al vicino di condominio; pare un musicista imbranato e infatti la prima scopata riesce malissimo; invece è
un grande musicista (e ce credo, è Goran Bregovic) e quindi sarà la felicità. Faenza dimostra che dove il suo cinema non è
sostenuto da temi forti, di quelli che si autosostengono, vacilla e sbanda. La Buy e la Zingaretti sarebbero anche bravi,
ma è la regia che prende abbagli, tra donne del mare, soggettive impossibili ed inutili, vagabonde fantasmatiche, bambini
mal diretti. Forse la palma della sequenza peggio gestita spetta a quella della notte di Capodanno. Il cinema dell’abbandono
, ovvero meglio lasciarlo perdere.
MAURO CARON
La traduttrice Olga (Margherita Buy) viene lasciata con i due figli dal marito ingegnere edile (Luca Zingaretti) per
un'altra donna, ovviamente più giovane. Si scatena il finimondo interiore, tra ansia, disperazione e rabbia. Riuscirà a
riappropriarsi della sua vita, anche grazie ad un musicista vicino di casa (Goran Bregovic). Si preannunciava torrido e
trasgressivo l'ultimo film di Faenza, soprattutto nella "nuova" interpretazione della Buy, ma è raramente trascinante: lo
sviluppo drammaturgico è abbastanza classico (e piuttosto scontato), le inquadrature rallentate sterili, le metafore poco
incisive. Insomma Kieslowski - permetteteci di dirlo - era un'altra cosa. Immeritati, comunque, i fischi della critica a
Venezia.
MASSIMO ZANICHELLI