Già autore dell'interessante e spietato
Secretary, Steven Shainberg firma la sua terza regia raccontando, a suo modo,
cioè in maniera umoristica, drammatica e graffiante, alcuni frammenti della vita di Diane Arbus, fotografa americana
contemporanea, morta nel 1971 e ossessionata da corpi estremi. La parabola artistica dalal Arbus contrassegnata dal gusto
per il proibito e per il male, che l'avrebbe infine portata al suicidio, ha rappresentato un momento di profondo
cambiamento per l'evoluzione dell'arte fotografica tanto nei codici linguistici della fotografia, quanto nella percezione
comune della realtà. Col suo allontanarsi da ogni schema precostituito, la sua dedizione a scavare nel profondo dell'animo
umano andando oltre le apparenze, Diane Arbus ha catturato con la sua arte malefica e affascinante, il limite e l'estremo,
ottenendo una sintesi prospettica pronta per essere scagliata contro i tabù della società moderna. La Arbus è nel corpo
della Kidman, mentre l'uomo più freak tra i freak è Robert Doweney Junior. Sheinberg compie un servizio a metà: stringe
l'obiettivo sull'intensa passione amorosa tra la Arbus e Lionel (e il nome non è a caso) sviluppando troppo poco le
frustazioni e i desideri della donna (che in Secretary erano la carta vincente). E' un racconto immaginario, si vede e si
riesce a sentire. Peccato non sempre.
MATTEO MAZZA