Regia: Cameron Crowe Sceneggiatura: Cameron Crowe Fotografia: John Toll Montaggio: Mark Livolsi, David Moritz Musica: Nancy Wilson Interpreti principali: Orlando Bloom, Kirsten Dunst, Susan Sarandon, Alec Baldwin, Bruce McGill, Judy Greer, Jessica Biel Origine : Usa, 2005 Durata: 123'
Colore
Drew medita il suicidio dopo un fallimento lavorativo; poi però muore suo padre e il mondo comincia a sorridergli: comincia
col rincorrersi con una biondina tra le tombe di un cimitero, flirtando con sottofondo musicale adeguato, e finisce
facendosi quattro risate di gusto durante la standing ovation che saluta l’esibizione di sua madre che, inquadrata
dall’occhio di bue, durante la commemorazione funebre del marito deceduto da qualche giorno, danza disinvoltamente sulle
note di “Blue Moon”. Fuori tempo massimo, parte un pellegrinaggio sentimentale eterodiretto, strategicamente musicato e
politicamente corretto (da Elvis Presley a Martin Luther King, per intenderci) tra le glorie defunte dell’America. Commedia
sentimentale essenzialmente macabra, ma senza la trasgressività di Harold e Maude o la grazia de La sposa cadavere: Drew in
fondo vuole solo essere rassicurato, e sentirsi dire che un fiasco nello spietato (ma dal volto umano) sistema
neocapitalista non costringe per forza a fare hara-kiri: vuole solo che qualcuno risponda alla frase-tormentone che nella
prima parte lui rivolge continuamente agli altri, “Sto bene”, con un “Massì, stai proprio bene”. MAURO CARON
Il giovane designer (Bloom) sta per suicidarsi perché la scarpa da lui disegnata ha fatto un fiasco da un miliardo di
dollari. Il suo piano fallisce quando riceve una telefonata dalla sorella che gli comunica la morte del padre.
Il film di Cameron Crowe è musica. L’altalena di eventi e personaggi magistralmente equlibrata, è composta da pause e ritmi.
Elizabethtown è un film frenetico e fiacco. Lento e veloce. Alto e basso. Grasso e magro. E’ un gioco calibrato curioso e
brillante che oscilla tra il grottesco e l’ironico, il melodramma e il romantico. La sintesi è un’esaltante colonna sonora
ritmicamente perfetta. L’espressione di un desiderio rivolto al futuro, per continuare ad andare oltre. E’ un film che
riesplora il valore della famiglia e il senso del ricordo. E’ un film in cui il tocco di Crowe (che è pure sceneggiatore)
lascia l’impronta. Il ritmo progressivamente si fa intenso, i battiti aumentano, l’emozione si fa melodia. Il film di Crowe,
nato come una lenta e solenne commemorazione, si evolve fino a raggiungere nuove forme. Diventando così una pulsione
costante. MATTEO MAZZA
“Fiasco. Ho fatto perdere all’azienda per la quale lavoro una cifra pari ad un miliardo di dollari. Licenziato. Torno
finalmente a casa e tra qualche minuto decido che la mia vita finirà qui. Squilla il telefono. Rispondo.”
È la storia di Drew, giovane designer che, in seguito al fallimento del suo progetto, pianifica il suicidio. Riceve però una
telefonata della sorella che gli comunica la morte del padre e la necessità di recarsi a Elizabethtown per risolvere la
questione del funerale. Convinto che, una volta tornato a casa, niente e nessuno lo avrebbe portato lontano da quello che
era il suo piano, parte.
C’è solo una cosa che Drew non ha previsto. L’incontro con Claire.
Grazie alla sua semplicità e al suo modo di fare tipico della ragazza della porta accanto, Claire insegnerà a Drew ad
assaporare ogni angolo della sua vita, ad accettare le sconfitte e soprattutto ad amare; tanto che il ragazzo si troverà
di fronte ad una scelta: tornare sulla strada di casa o intraprenderne una nuova, mettendosi in gioco. Cosa sceglierà Drew?
Ma la vera protagonista, la chiave di lettura che permette di entrare nel film, è la musica. C’è musica triste e allegra,
musica fresca e calda, musica per ricordare e per viaggiare.
Insomma, il sottile dialogo tra musica e immagine, è la pietra che sta alla base della solida architettura cinematografica
costruita da Cameron Crowe.
“Certa musica ha bisogno d’aria. Abbassa il finestrino.” ELENA CATANIA