Vallée armeggia con l’omosessualità latente di un adolescente e le crisi esistenziali di un intero nucleo famigliare. Il
suo intenso tentativo non è pienamente convincente. Godibili sia la trama che i personaggi, tanto credibili che i flash
surreali che punteggiano la vivace costruzione del film sembrano mal assorbiti: la narrazione sa di
déjà vu e il
coraggioso approccio dei temi etici rasenta la forzatura. Come se l’autore dovesse convincersi di qualcosa che lo
spettatore conosce già. Mancano veri colpi di scena, in una vicenda che li attenderebbe a braccia aperte. La matassa si
attorciglia, complicandosi la strada, prima di un finale di tonificante spontaneità, purtroppo bruciato in cinque minuti
di pellicola. L’umanità di Zac, dei suoi quattro fratelli, di mamma e papà, è il pane croccante della sceneggiatura; ma la
prevedibilità del messaggio è la maionese che si sostituisce a un grande salame a pasta fresca. Per questo l’appetito non
manca, ma la digestione è un po’ faticosa.
SAMUEL COGLIATI