FUORISCHERMO

 

CRISTINA COMENCINI
Regista di "Bianco e nero"
A CURA DI FUORISCHERMO
Fuorischermo ha raccolto alcune dichiarazioni di Cristina Comencini, regista di Bianco e nero.
Bianco e Nero Appena rientrata dal viaggio di lavoro in Africa, dove ho girato il documentario Il nostro Rwanda, sono andata a intervistare Jean Leonard Touadi, storico e giornalista. Jean Leonard è sposato con una donna italiana e hanno tre bambini. Mentre l’intervistavo sul Rwanda, vedevo i bambini e la moglie passare nel corridoio, su un comò c’era la fotografia del loro matrimonio, la casa non aveva niente di etnico o del nostro modo di intenderlo. Ridendo mi hanno raccontato i luoghi comuni che gli italiani dicono sulle coppie miste. La stessa cosa mi è capitata a cena della mia amica Jeanne, rwandese e anche lei nel gruppo del viaggio. Jeanne è sposata con un italiano, hanno anche loro due bambini. Durante la cena abbiamo chiacchierato di figli, di scuole, di matrimoni. Ho pensato che era la prima volta che avevo degli amici neri e che sarebbe stato bello raccontarli in una storia d’amore, fuori dal pietismo umanitario, dall’idea di una nostra silenziosa superiorità, di una loro dipendenza. Il rapporto con miei due nuovi amici era molto più interessante, misterioso, ambiguo e caldo delle idee astratte su di loro. Così è nato Bianco e Nero, una storia d’amore tra un giovane uomo italiano piuttosto normale senza grandi idee sul tema dell’Africa e una donna senegalese che vive in Italia da dieci anni. È una passione d’amore che però fa soffrire altre persone, dato che i due sono sposati, e scuote i nuclei familiari, sia quello senegalese che quello italiano, facendo emergere molte idee preconcette sulle differenze. Alla base del film c’è la domanda che ho messo in bocca al personaggio interpretato da Fabio Volo: «Perché non abbiamo nessun amico nero?». Volo lo chiede alla moglie, Ambra Angiolini, dopo aver letto di nascosto il diario della donna africana di cui si sta innamorando. Nel diario, Nadine si chiede la stessa cosa: «Perché non abbiamo nessun amico bianco?». Da queste due domande incrociate nasce l’idea del soggetto che ho scritto con Giulia Calenda e Maddalena Ravagli: toccarsi, entrare in un contatto profondo, affascinante e difficile. Io credo che la mancanza d’amore e di conoscenza, il non mischiarsi, vivendo vicini e lontani nelle città in cui non ci incontriamo, sia proprio uno degli aspetti più preoccupanti del razzismo della nostra epoca. Le relazioni e i matrimoni misti, che sono le grandi e nuove occasioni del genere umano, fanno paura: persino in un paese Bianco e Nero così misto come l’America, non si è mai visto in un film una donna nera (veramente nera e non stinta) fare l’amore con un bianco. Bianco e Nero è una commedia e anche la storia di un amore appassionato. I due mondi distanti - italiano e senegalese - si difendono dalla passione dei due, pensano che siano attirati dalla novità. Prevedono che non potrà funzionare e non si accorgono - anche i due innamorati a tratti non riescono vederlo - che sono solo un uomo e una donna in amore. La commedia permette di parlare di cose contraddittorie, sfuggenti e rimosse, senza indicare subito i buoni e i cattivi. Così i genitori di Ambra Angiolini nel film, interpretati da due magnifici attori come Anna Bonaiuto e Franco Branciaroli, o la madre di Volo, una Katia Ricciarelli irresistibile, sono gli italiani che vogliono essere buoni e pensano in verità cose che non osano dire. La commedia permette di tirare fuori questi sentimenti senza spaccare il mondo in due, ma facendo anzi sentire che ognuno di noi potrebbe innamorarsi di qualcuno completamente diverso da sé e, messo in un’altra posizione, averne paura.