Titolo originale: Le couperet Regia: Costa-Gavras Sceneggiatura: Costa-Gavras, Jean-Claude Grumberg Montaggio: Yannick Kergoat Musica: Armand Amar Fotografia: Patrick Blossier Interpreti principali: José Garcia, Karin Viard, Geordy Monfils, Christa Theret, Ulrich Tukur, Olivier Gourmet,
Yvon Back , Thierry Hancisse Origine : Belgio / Francia / Spagna, 2005 Durata: 122'
Colore
Un uomo, come tanti altri, perde il lavoro. E’ specializzato nella chimica cartacea ma in quel settore, come in tanti altri,
non basta avere un buon curriculum per trovare, di nuovo, un lavoro. Disperato, con una famiglia a cui pensare e un
orgoglio da risanare, compierà una scelta in bilico tra l’assurdo e il feroce. Perché nella società vive chi sopravvive.
L’ultimo di Costa-Gravas, tratto da un giallo di Donald Westlake (scrittore che combina la crime story con iniezioni humour),
è un buon film. Dopo una prima parte notevole, in cui l’economia del racconto sposa perfettamente l’efficacia narrativa,
composta da un intrigante e suggestivo gioco al rimbalzo tra presente e passato, il film perde di freschezza nella seconda
parte, dove le trovate registiche cedono lo spazio esclusivamente all’integrità classica del racconto. Costa-Gravas traccia
con passione e cinismo il ritratto dello sfascio della società contemporanea, dove l’uomo ha i lineamenti e le nevrosi di
un bravo Josè Garcia. Il grottesco e il surreale si mescolano, non sempre con gli stessi risultati, al dramma sociale e
antropologico. L’uomo è la vittima e il carnefice del mondo del lavoro. A volte è un’animale che si crea il suo habitat.
Altre volte è una bestia feroce che sbrana il tempo e i nemici.
MATTEO MAZZA
La strategia della guerra preventiva applicata al mercato del lavoro nell’era del postcapitalismo globalizzato; il serial
killer della porta accanto che non prova nessun piacere nell’uccidere – anzi – ma deve fare così perché così interpreta la
logica del sistema nel quale è inserito e perché deve difendere la (cioè il tenore di) vita della propria famiglia.
Nell’Europa di Maastricht (c’è anche un segnale stradale ad un bivio), sopra le teste dei lavoratori passano i bombardieri
minacciosi delle terziarizzazioni, delle delocalizzazioni, delle fusioni e delle ristrutturazioni; alla truppa di terra –
anche tra i gradi più alti, come è il caso del protagonista - non resta che la lotta uomo contro uomo, un corpo a corpo
dove i più deboli o i meno determinati sono destinati a soccombere, in una giungla formata da tranquilli quartieri
residenziali e pubblicità glamour (firmata da Toscani). Il tocco da maestro (il film è tratto da una novella di Westlake)
sta nell’efficace umorismo nero e nella totale mancanza di fascino del protagonista, un uomo comune trasformato in un
mostro sanguinario e senza coscienza primo attore di una commedia nera divertente nella forma e sinistra nel contenuto.
MAURO CARON