L’ultimo film di Tim Burton “La Sposa Cadavere” (2005), favola malinconica e romantica, trae spunto da una fiaba
ebraico-russa che racconta come nel XIX secolo, in Russia, molti ebrei venissero uccisi nel giorno del loro matrimonio
affinché fosse loro impedita la possibilità di procreare, e come le spose venissero spesso seppellite con il vestito ancora
macchiato di sangue. Il regista riprende questo racconto e, tralasciando la connotazione storica, lo trasforma nella
tragica vicenda personale della Sposa Cadavere, uccisa il giorno del matrimonio dallo stesso consorte, con l’intenzione di
impossessarsi del suo patrimonio.
Il candore e la purezza del bianco, ricoperti dal rosso del sangue, simbolo di morte.
Il sogno della Sposa è infranto!
Lo sposalizio, la nascita a una nuova vita, la vita di coppia, l’unione ermafroditica di due corpi e di due anime, si
trasforma in un giorno di lutto.
Vita e Morte. Matrimonio e Omicidio. Una coppia antitetica che ritorna.
Due parole, che abbiamo già visto nell’ultimo Tarantino, “Kill Bill- vol.1” e “Kill Bill- vol.2”, e ancora prima ne “La
Sposa in nero” (1968), film diretto da Francois Truffaut, a cui il regista di “Pulp Fiction” ha espressamente dichiarato di
essersi ispirato.
Così, “Kill Bill-vol.1” si apre con il corpo sfigurato della Sposa, Beatrix Kiddo, in arte Black Mamba, macchiato di sangue
e disteso a terra, apparentemente senza vita, nel giorno delle prove del suo matrimonio. Il colpevole? Bill. Ex-capo ed
ex-amante della Sposa, che non ha gradito la fuga di Black Mamba-Uma Thurman e l’unione con un altro. Assassinio nel giorno
delle nozze.
E ancora, nel noir del regista francese, Jeanne Moreau interpreta una Sposa, alla quale, nel giorno tanto atteso
dell’ unione sacra con il suo innamorato di sempre, cinque uomini uccidono per sbaglio il marito novello.
Vedova, ancora prima che moglie.
Sembra che i destini di queste tre Spose, defraudate del loro sogno di felicità, siano inevitabilmente legati da qualcosa:
la voglia di riscattarsi.
Vedremo tuttavia, che, a partire da questo desiderio, saranno possibili esiti diversi. Infatti, se la Sposa Cadavere, pur
delusa e amareggiata, cercherà il riscatto nell’amore di un altro uomo, il malcapitato Victor, la “Sposa in nero” e la
“Sposa in giallo” decideranno di dedicare la loro esistenza a un destino per loro inevitabile, quasi un imperativo
categorico kantiano: la vendetta. Un dovere, un ordine interiore: KILL (non a caso un imperativo presente) BILL! Un ordine
inteso però in una duplice accezione. Ordine, come azione da eseguire per portare a termine un determinato scopo (in questo
caso la vendetta), ma anche ordine in senso etimologico, ordine come kòsmos, azione ordinatrice del caos primordiale. Cioè,
come quell’azione che ristabilisce l’ordine delle cose, che le riequilibria, che rende giustizia.
E’ proprio questo il
senso delle parole di Beatrix: “Quando la fortuna sorride a una cosa violenta
e turpe come la vendetta, sembra essere la prova assoluta non solo che dio esiste, ma
che stai facendo la sua volontà”. Una vera e propria riequilibratura della realtà, operata però non tanto da un Dio-Demiurgo,
quanto da una donna furiosa, che si sente il sicario incaricato dal Supremo in persona. Una donna, che, avendo subito una
tale offesa, può solo pensare a vendicarsi. Questo è il messaggio dei due registi.
La condanna o la difesa di questa azione è una questione, che lasciano agli spettatori, permettendo così un’interpretazione
equivoca, e quindi non-univoca del film. Infatti, né Tarantino, né Truffaut sembrano voler lasciar trapelare dalle immagini
un giudizio morale. La macchina da presa segue le azioni delle protagoniste-pedine, senza esplicitare però una qualche
sorta di messaggio didattico-moraleggiante, operando così una vera e propria epoché (sospensione del giudizio).
Vendetta o morte: queste sembrano le due uniche alternative. Non a caso, il film francese si apre con il tentato suicidio
della Sposa, alla quale, dopo aver fallito nel suo proposito, non resta che punire gli assassini. Non è più interessata a
vivere, dice infatti: ”Io sono già morta!”. E’ già morta, lo stesso giorno che le hanno ammazzato l’amato. E’ una morta
che cammina, che “vive” per vendicarsi, che ha trasformato l’impulso di vita in impulso di morte, nell’impulso di dare la
morte.
Sono tre Spose che muoiono e resuscitano per riscattarsi.
La Sposa Cadavere viene uccisa e ottiene il suo riscatto, tornando nel mondo dei vivi, e quindi in qualche modo attraverso
una resurrezione. La Sposa in nero “muore” con il suo sposo e “resuscita” solo per vendicarlo. Infine, Uma Thurman ci viene
presentata come un’eroina, che, dopo essere deceduta (apparentemente) per ben due volte, rigetta la morte e sembra
custodire il segreto della resurrezione e dell’immortalità. La prima volta, quando Bill le spara alla testa nel giorno
delle nozze, riesce dopo lo stato comatoso a risvegliarsi in modo miracoloso, per mettere in atto il suo piano di vendetta.
La seconda volta, invece, assistiamo letteralmente a una vera e propria resurrezione quando Beatrix, seppellita viva da
Sidewinder-Bud, uno degli assassini della squadra di Bill, riesce, grazie agli insegnamenti del suo maestro cinese Pei Mei,
a risorgere implacabilmente dal sottosuolo, come nei migliori film di zombie.
Il riscatto, la vendetta per l’ingiustizia subita. Per il loro sogno di Donne e di Spose dissolto. Questo sembra essere il
centro focale dei tre lungometraggi.
E in una delle ultime sequenze del film, vediamo la Sposa Cadavere rinunciare all’uomo che ama con queste parole: “Io ero
una Sposa e il mio sogno è stato distrutto. Ora non voglio distruggere il sogno di un’altra Sposa.”