Titolo originale: Broken Flowers Regia: Jim Jarmusch Sceneggiatura: Jim Jarmusch Fotografia: Frederick Elmes Montaggio: Jay Rabinowitz Musica: Mulatu Astatke Interpreti principali: Bill Murray, Jeffrey Wright, Sharon Stone, Jessica Lange, Tilda Swinton, Julie Delpy Origine : Usa, 2005 Durata: 105'
Colore
Don Giovanni sul viale del tramonto, Don Johnston (Bill Murray) si vede recapitare una lettera anonima che lo informa di
essere padre di un adolescente di 19 anni. Vincendo la sua indolenza, si metterà in viaggio per scoprire chi ne è la
madre… Con Ubriaco d'amore di Paul Thomas Anderson e Le avventure acquatiche di Steve Zissou di Wes Anderson,
la migliore e più originale commedia americana degli ultimi anni. Jarmusch raffredda e differisce, dilata e suggerisce,
lavora per sottrazione narrativa, amplificando le suggestioni del verbo visivo del cinema: tutto giace negli sguardi, nel
non detto, nella precisione millimetrica di una punteggiatura costellata di dissolvenze e primi piani, tra voli aerei e
auto a noleggio. C'è ricerca ma non detection, c'è il viaggio ma non la sua catarsi, soprattutto c'è un umorismo
sottile e amaro, perfido e beffardo, che trova il proprio coronamento nell'ultima carrellata sul volto stralunato di
Murray, epigrafe coraggiosa del magistero cinematografico di Jarmusch (Dead Man, Ghost Dog, lo sperimentale
e sottovalutato Coffee & Cigarettes), tra i grandi del cinema indipendente contemporaneo
MASSIMO ZANICHELLI
Don Johnston (Bill Murray), è un attempato dongiovanni giunto sul viale del tramonto. Un giorno, durante una delle sue
molli giornate trascorse davanti alla tv, riceve una lettera anonima color rosa. Scopre di avere un figlio di diciannove
anni e, spinto dall’amico Winston, parte per ritrovare la presunta madre. Inizia quindi un on the road scandito da
riflessioni e sguardi, incontri e rivelazioni, musica etnica e silenzi. Un viaggio, come pretesto per penetrare nell’intimo
dell’uomo attraverso le immagini dei ricordi e delle relazioni. Dalla perbenista Frances Conray alla sciroccata Sharon
Stone, dalla imperturbabile e metafisica Jessica Lange alla violenta e sboccata Tilda Swinton, si alternano con grazia e
malinconia le vicende di quattro donne che fanno da specchio a quello che ha vissuto Don. Il film di Jarmush guarda, osserva
e non dà risposte. Apre gli occhi all’intimità. Che probabilmente non si può definire. E’ l’ennesima conferma positiva che
il cinema di Jarmush è un tipo di cinema da custodire. Leggero, spensierato, sincero. Ma anche compatto, duro e divertente.
Mai banale.
MATTEO MAZZA
Un altro padre in cerca di figlio, come in Non bussare alla mia porta di Wenders. Al posto di un West mitico qui
c’è un East vuoto e desolato, dove ci si sposta in aereo da un paesaggio ad un altro che sembra uguale al precedente. Da
una donna libera e ancora disponibile ad una inaridita nei sentimenti ma nostalgica ad un’altra ancora respingente, forse
lesbica, ad un’altra drop out e decisamente ostile, il fantasma dell’Est (sempre per parafrasare Shepard-Wenders)
impersonato da un Murray catatonico, che porta alle estreme conseguenze il personaggio laconico di
Lost In Tranlation, vaga tra indizi inconcludenti in cerca di un figlio che forse non è mai esistito ma di cui
ormai comincia a sentire il bisogno. Sembra che la libertà sessuale dei decenni passati si vendichi su uomini anziani dalle
molte donne ma senza figli. Attenti alla pubblicità ingannevole che promette divertimento: Jarmusch, abituato ad un cinema
fatto più di vuoti che di pieni, cerca uno humor talmente rarefatto che si disfa prima di arrivare a formare un sorriso, e
prende il sopravvento il senso del vuoto, della solitudine e dell’amarezza.
MAURO CARON