Bollywood è sbarcato anche in Italia. Ci aveva già provato nel 2003 con titoli come
“Lagaan” e
“Ashoka”, ma è riuscito solo
quest’anno ad ottenere l’attenzione del pubblico italiano con il film
"Matrimoni e pregiudizi”, di Gurinder Chada.
In occasione dell’uscita del film,
FuoriSchermo ha voluto tracciare i lineamenti della produzione cinematografica indiana.
Il film appartiene ad un vero e proprio genere di massa in India: il cinema commerciale, detto anche cinema di
Bollywood
(dalla crasi di Bombay, città dove si producono questo genere di film, e Hollywood). La nascita ufficiale di Bollywood è
negli anni '80; è la nascita del
masala film, una formula cinematografica che mischia diverse caratteristiche quali inserti
musicali, balletti, due o più star, donne bellissime, una storia melodrammatica, stereotipi come la bella, l'eroe, il
cattivo, l'amore contrastato, scene di violenza e l'immancabile lieto fine. Il tutto affiancato da scenografie e costumi
sontuosi. Questa è la ricetta di un film bollywoodiano.
Se il cinema europeo cerca di fare un ritratto della società, delle sue inquietudini, di offrire agli spettatori uno spunto
di riflessione su alcuni spaccati di realtà, il cinema indiano commerciale mostra i sogni degli indiani, le loro
aspirazioni, le loro fantasie. I film di Bollywood non sono che delle fiabe: c'è sempre il lieto fine e le trame si
ripetono con ben poche variazioni in migliaia di pellicole. Ma gli indiani non si stancano mai. Non si stancano di vedere
sullo schermo bellissime donne e affascinanti attori-eroi, ambientazioni favolose, beni di lusso; un'ostentazione che
dovrebbe stonare con la realtà di miseria e di povertà dell'India ed invece, questa contrapposizione non stride. Il cinema
di Bollywood è un paese dei balocchi, un grande luna park che consente a milioni di spettatori tutti i giorni di sognare.
Il cinema commerciale indiano, inoltre, è un vero e proprio fenomeno di intrattenimento, quasi un varietà. All’interno della
trama del film si dipanano balletti, coreografie di gruppo, canti, combattimenti. Il cinema di Bollywood è chiamato appunto
masala film perché mischia insieme un po' di tutto.
L’India è l’unico Paese ad aver subito così tante contaminazioni culturali e ad essere capace di sfruttarle, rielaborarle
con la propria millenaria cultura, e non di subirle passivamente dimenticandosi le proprie radici. Prima con la
colonizzazione inglese, poi, durante la prima guerra mondiale con la massiccia importazione di film americani e oggi con la
globalizzazione, la cinematografia indiana è stata capace di inglobare, di fagocitare tutti gli stimoli possibili
importanti dall’estero, sapendo poi abilmente mischiarli con la propria cultura. Dagli anni ’30 molti film indiani non sono
stati altro che il remake dei grandi successi hollywoodiani.
Tornando alle pellicole di Bollywood ci sono delle curiosità da svelare: prima di tutto, nel 99% dei film è impossibile
trovare una coppia che si bacia, le scene di sesso poi sono un vero e proprio tabù, colpa della censura che in India è
ancora molto rigida. Nella terra di Shiva e Krishna, per fare un esempio, sono ancora proibiti, i manifesti pubblicitari
della biancheria intima. E allora come fa il linguaggio cinematografico a superare questa difficoltà? Semplice, usa i
balletti. I balli sono delle vere e proprie sublimazioni della sessualità e degli impulsi sessuali dei protagonisti,
attraverso ammiccamenti e mosse osé fanno capire allo spettatore che tra i due protagonisti è successo qualcosa. Tutti i
film, inoltre, sono girati in lingua hindi, lingua ufficiale dell’India, ma parlata solo dal 40% della popolazione. Come
fanno i registi ad aggirare questo ostacolo? Semplice, i dialoghi non sono primari, è la semplicità delle inquadrature e
dei raccordi, ma soprattutto la trama che si ripete sempre uguale con poche varianti (un amore contrastato) a rendere il
film accessibile a tutti. Bollywood ha elaborato un vero e proprio codice visivo, un linguaggio accessibile a tutto il
pubblico. E poi le canzoni, è quello che aspetta la maggior parte degli spettatori. In India, escono prima le colonne
sonore e poi i film, le canzoni sono i nostri trailer occidentali. I brani musicali sono di stile pop e riescono a
diventare dei veri e propri tormentoni. Gli indiani sono disposti a vedere anche più volte lo steso film (durata tre ore
per volta), solo per cantare a squarcia gola in sala le trascinanti melodie. Altra curiosità, nelle sale indiane, al
momento delle canzoni e dei balletti si usa aumentare il volume al massimo. Ah, le canzoni sono tutte in playback, è una
regola nel cinema indiano: l’attore, anche se sa cantare e ha una bella voce, deve essere doppiato nei brani musicali. A
volte, questa strana fissazione, porta a ridicoli risultati, ma…una regola è una regola.
In India esiste anche un altro tipo di cinema, il cinema d’autore detto anche parallelo (parallelo a quello commerciale),
completamente diverso, cerca, infatti, di mostrare degli spaccati di realtà indiana.
Appartenevano al cinema d’autore anche Mira Nair (
Salaam Bombay, Kamasutra, a tale of love, Mississippi Masala) e Gurinder
Chada (
Sognando Beckham), tutti film che contenevano denunce e messaggi sociali. Ma poi entrambi i registi si sono
convertiti, o meglio sono stati contagiati da Bollywood. Nair ha girato
Monsoon Wedding e Chada
Matrimoni e pregiudizi.
Questo perché Bolywood sta contagiando e trascinando un po' tutti, compresa l'America che ha scoperto Bollywood prima di
tutti e ne ha attinto a piene mani per il revival del musical cinematografico come Moulin Rouge e company. Ma soprattutto
perché sia l'America che l'Europa ormai riconoscono come cinema nazionale indiano il filone commerciale.
Così mentre questo genere di film riesce ad ottenere grassi finanziamenti, il cinema d'autore continua a rimanere nell'ombra.