Considerato il successo riscontrato negli scorsi mesi, il Cinema Rondinella ha organizzato un nuovo ciclo di incontri sul
cinema. Dopo aver fornito le basi per affrontare un’analisi cinematografica e un racconto cinematografico, i nuovi seminari
avranno un taglio più specifico e approfondito. Massimo Zanichelli (critico cinematografico ed esperto di arti visive),
guiderà i partecipanti nelle opere e nei temi del grande regista Stanley Kubrick e affronterà un viaggio all’interno di uno
dei generi più intriganti e sfuggenti del cinema: il noir.
Dal racconto del percorso cinematografico attraverso tutti i suoi film (da
Il bacio dell’assassino del 1955 a
Eyes Wide Shut
del 1999) all’analisi delle sue ossessioni formali: questo in sintesi il contenuto del seminario monografico dedicato a
Stanley Kubrick,
“Stanley Kubrick: opere, temi, significati”, supremo interprete del cinema. Di più: un
autore a tutto
tondo, curioso del mondo, assetato di conoscenza (umanistica e scientifica) e aperto alle più ampie esperienze letterarie:
limitandoci solo a quelle tradotte dai suoi film, ad esempio, troviamo una serie di referenti “miscellanei” come Vladimir
Nabokov, Arthur Clarke, William Thackeray, Anthony Burgess, Stephen King, Arthur C. Schnitzler. Un
melange tra romanzo
vittoriano, fermenti mitteleuropei, sperimentazione linguistica e letteratura d’“evasione”, tutti equamente filtrati da uno
sguardo filmico lucido e distaccato.
Parlare,
mostrare, il cinema di Kubrick significa compiere un viaggio esplorativo alla ricerca delle costanti tematiche e
figurative che, come interni rimandi, avvolgono tutti i suoi capolavori, da
Rapina a mano armata (uno dei più grandi
noir) a
Shining (forse il più grande film
horror), passando per
Orizzonti di gloria,
Il dottor Stranamore,
Full Metal Jacket
(esiste qualcosa di più definitivo sul tema della guerra di questa specie di trilogia, in tre diverse declinazioni storiche
- primo conflitto mondiale, guerra fredda e Vietnam - e in tre diverse prospettive - dramma umano, satira politica,
impietosa radiografia di un sistema volto alla distruzione di massa?) per arrivare a
2001: Odissea nello spazio (perfetta
fusione di fantascienza, antropologia e metafisica),
Arancia meccanica (un vero e proprio unicum visivo-concettuale sotto le
spoglie di un grottesco pamphlet sociomorale) e
Barry Lyndon (un affresco storico-umano di rara bellezza e profondità).
Queste ossessioni sono: il tempo e l'eterno ritorno, il controllo dello spazio e il senso dell'ordine, il labirinto, il
rapporto tra violenza privata e violenza istituzionale, il conflitto tra logica e irrazionalità, il gioco e gli scacchi, la
predilezione per le carrellate, la simmetria, il XVIII secolo, le maschere e il teatro, la voce off, il contrappunto
audiovisivo.
Che cos’è il
noir? Per alcuni un genere
sui generis - più o meno imparentato con il
thriller, il giallo e il
gangster-movie
-; per molti un modo di filmare e di usare la luce, creando un particolare
look cinematografico; per altri semplicemente la
quintessenza del cinema. Gettando un'occhiata ai titoli c'è infatti da impallidire per la quantità di capolavori che hanno
scritto la storia del cinema americano di ieri e di oggi.
Nel periodo aureo di Hollywood (di cui il
noir rappresenta una specie di visione “contro”), l’azione dei grandi registi
europei che trovano riparo negli Stati Uniti per i disordini politici degli anni Trenta-Quaranta (Fritz Lang, Robert
Siodmak, Otto Preminger, Billy Wilder) con opere del calibro di
La donna del ritratto, Strada scarlatta, Il grande caldo,
La scala a chiocciola, Lo specchio scuro, Doppio gioco, I Gangsters, Vertigine, Seduzione mortale, La fiamma del peccato,
si fonde con i migliori fermenti del cinema americano tra classicismo (
Il falcone maltese e
Giungla d’asfalto di John Huston
,
Il grande sonno di Howard Hawks,
Il diritto di uccidere e
Neve rossa di Nicholas Ray), notevoli “b-movies” (
Le catene
della colpa di Jacques Tourneur,
Detour di Edgar G. Ulmer,
La sanguinaria di Joseph H. Lewis) e “avanguardia” (
La signora di
Shangai e
L’infernale Quinlan di Orson Welles,
Un bacio e una pistola di Robert Aldrich,
La morte corre sul fiume di
Charles Laughton). Senza ovviamente trascurare il considerevole apporto narrativo (sia per i soggetti che talvolta per le
sceneggiature) di autori più o meno identificati come “hard-boiled” o “noir” ma che sono da considerarsi prima di tutto
scrittori di rango e spessore: da Dashiell Hammett a Raymond Chandler, da James M. Cain a Mickey Spillane, da Jim Thompson
a Cornell Woolrich.
Dal bianco & nero dei “classici” al colore della modernità: il cinema americano non smette di frequentare le zone oscure del
noir. E i nomi dei registi parlano chiaro: Don Siegel, Samuel Fuller, John Boorman, Robert Altman, Roman Polanski, Arthur
Penn, Bob Rafelson, Martin Scorsese, David Lynch, i fratelli Coen, Michael Mann, Quentin Tarantino, Jim Jarmusch… Ovvero
quanto di meglio, di più originale e sperimentale sia uscito dal cinema americano negli ultimi decenni: dal
Bacio perverso
a
Senza un attimo di tregua, da
Il lungo addio a
Bersaglio di notte, da
Fuori orario a
Crocevia della morte, da
Velluto blu
a
Le iene, da
Ghost Dog a
Collateral…
Il seminario
“Luci e ombre del cinema noir”, parte da una scansione cronologica della parte “classica” (anni Trenta-Cinquanta)
e di quella “moderna” (dagli anni Sessanta fino ad oggi), indagando le personalità registiche più importanti, per arrivare
all’indagine sui temi portanti: la metropoli e la notte, la disperazione e la paranoia, il flashback e il fatalismo, la
dark lady e la violenza, lo specchio e il chiaroscuro, le distorsioni ottiche e il delitto.