Il cinema del grande freddo.
E' solo una questione ambientale?
Vuoi vedere che la poesia viene dal freddo? Accanto alle storie più o meno sentimentali, agli ultimi Samurai e alle ultime
Mona Lisa, alle piscine e pornocrazie francesi, alle cronache di ex adolescenti in cerca di se stessi su isole elleniche e
ai vari grovigli intellettualistici compiaciutamente incomprensibili di turno, esistono (grazie a Dio) alcune pellicole
apparse negli ultimi due anni, che anticonformiste per tema e approccio, affrontano con semplicità poetica grandi temi come
l’amicizia, l’amore, la morte, la solitudine. Il tutto con l’ingombrante cornice di paesaggi nordici, piatti, gelati.
Freddi. Cosa ci fa un vecchio su un letto trascinato da un trattore nel cuore dell’abbagliante Caucaso? E un individuo su
un alto sgabello, stile arbitro da tennis, nella cucina di un estraneo, nel cuore freddo di un villaggio norvegese? E cosa
ci fa un signore rubicondo in pensione forzata, fisarmonicista che decide di lasciare il suo freddo paese per le paludi di
New Orleans, attirato da una musica trasmessa alla radio? Si tratta dei tre originali protagonisti di
Vodka Lemon -
vincitore della sezione Controcorrente al Festival del Cinema di Venezia 2003 e candidato come miglior film straniero a
Oscar e Golden Globe 2004,
Kitchen Stories e
Schultze vuole suonare il blues, films rispettivamente di Hiner Saleem, curdo
irakeno scappato da Saddam, Bent Hamer, norvegese, e Michael Schorr, tedesco. Un paesaggio bianchissimo fa da sfondo alla
storia di Hamo, protagonista di Vodka Lemon, ex ufficiale dell'Armata rossa che sopravvive come può alla miseria del periodo
post comunista. Hamo visita tutti i giorni la tomba della moglie e lì, incontra una vedova con la quale, a dispetto della
desolazione che li circonda, cerca di costruirsi un futuro dignitoso. L'unico approccio possibile in una tale, raggelata
esistenza è un approccio dolce e surreale. Non vi è traccia di autocommiserazione; probabilmente tonificati dal freddo
perenne, i protagonisti trovano le energie per cominciare nuove vite. E che dire delle esistenze scarne ma ricche di
umanità dei due protagonisti di Kitchen Stories, al principio divisi dalla freddezza di un'analisi svolta dall'alto in
basso e poi pian piano uniti dalla solidarietà di due esseri umani che dividono lo stesso ambiente per tutto il giorno? E
dell'approccio dimesso ma non rassegnato di Schultze, l'uomo comune costretto ad andare in pensione e condannato alle polke
e alle birre, che decide di lasciare la piattezza della sua esistenza sassone per raggiungere la lontana Lousiana e una
musica diversa che gli ha preso il cuore? Queste pellicole fuori dagli schemi riescono nell'ardua impresa di sciogliere il
ghiaccio che le circonda e conquistare lo spettatore, creando storie di perdenti assolutamente credibili pur se raccontate
con grottesca ironia. C'è un altro film, infine, segnato da un'ambientazione bianca che più bianca non si può, che, con
risultati alterni racconta storie di ordinario grigiore: è
Nòi albinòi (debutto di Dagur Kari, primo premio al Festival di
Rotterdam 2003), ambientato nel ghiaccio dei fiordi islandesi, in un paese ai margini del mondo riscaldato, in cui la neve
copre tutto, anche i sentimenti e i desideri. In tale immobilità Nòi, ragazzino albino (non poteva che essere albino) un po'
stravagante, senza amici con sogni di fuga alle Hawaii trascorre il suo tempo lontano dalla scuola, sparando colpi di
fucile ai blocchi di ghiaccio che lo circondano, frequenta Iris, con la quale vorrebbe scappar via, tenta una rapina in
banca, fallisce più volte nella realizzazione delle sue velleità. Nonostante lo spirito di outsider del protagonista e
l'eccentricità di alcuni personaggi e situazioni, il film riesce solo a tratti a creare una propria originalità narrativa.
Ma al di là di limiti più o meno "perdonabili" delle quattro pellicole di cui sopra, si tratta comunque di cinema ispirato.
Vuoi vedere che la poesia viene dal freddo?
HIT PARADE DEL BRIVIDO
DI MATTEO MAZZA
Mentre una rivista ben più autorevole della nostra, si diletta nell’ultimo numero, a tracciare una Hit Parade del brivido,
inteso come sinonimo di “paura”, Fuorischermo cerca di fornire un quadro riassuntivo dei più recenti esempi
cinematografici "freddi". Ecco quindi la nostra Hit Parade del brivido. Ma fate attenzione. In questa ipotetica
mini-rassegna, abbiamo segnalato anche i film nei quali ad emergere non è solo il freddo ambientale, ma pure quello
dell'anima. Quello del cuore.
Dogville
Regia di Lars Von Trier, Danimarca/Svezia/ Germania/Norveg/Finlandia/Francia/Olanda/Italia/Giappone/Usa/G.B. 2003, Medusa.
Le note di FuoriSchermo: film spietato dalle pulsioni violentemente sadiche. La storia di Grace nella città trasparente. Allucinante riflessione sul potere dello sguardo, che guarda ai cuori raffermi degli abitanti di Dogville.
Il ritorno
Regia di Andrey Zvyagintsev, sceneggiatura di Vladimir Moiseenko,Russia 2003. LuckyRed
Le note di FuoriSchermo: la spietata parabola sulle figure del potere inquadrata in paesaggi ermetici, freddi, lontani dagli uomini. Il paesaggio lascia l’uomo nella completa solitudine.
Elephant
Regia di Gus Van Sant, con Alex Frost, Eric Deulen. Usa 2003. Bim
Le note di FuoriSchermo: la gelida cronaca del dramma di una generazione già di per se devastata, persa, inerte. Non giudica e non sbanda, guarda sempre avanti con una sicurezza agghiacciante.
Kitchen Stories
Regia di Bent Hamer; Norvegia/Svezia; con Joachim Calmeyer. LadyFilm, 2003.
Le note di FuoriSchermo: favola dalle atmosfere surreali, pungente sagace e triste. Come il freddo che circonda le case, come il freddo che guarda alla solitudine delle persone.
Noi albinoi
regia di Dagur Kai; Islanda/Germania/Gran Bretagna/Danimarca. Sceneggiatura di Dagur Kari; LuckyRed, 2003.
Le note di FuoriSchermo: i desideri di Noi, un giovane ragazzo albino, che cerca di scappare dal suo paese. Nei freddi e desolati paesaggi leggiamo l’inevitabile destino naturale di vuoto e di morte.
Vodka Lemon
Regia di Hiner Saleem; Italia/Francia/Svizzera/Armenia; Ladyfilm, 2003.
Le note di FuoriSchermo: nonostante la desolazione che lo circonda, un uomo cerca di costruirsi un futuro dignitoso. L’unico approccio possibile in una tale, raggelata esistenza è un approccio dolce e surreale.
L’eredità
Regia e sceneggiatura di Per Fly, con Ulrich Thomsen. Danimarca, 2003, Teodora.
Le note di FuoriSchermo: un viaggio nel cinismo e nelle scelte del’uomo. Lo sguardo di Fly è di una freddezza inesorabile: il sacrificio dei rapporti umani, e il deserto emotivo sono il prezzo da pagare per sostenere il potere.
Shultze Gets the Blues
Regia e sceneggiatura di Michael Schorr, con Horst Krause. Germania, 2003
Le note di FuoriSchermo: terre piatte e anonime, pensionati tristi e bar incolori. Un viaggio, dalla Germania all’America, sulle note di una coinvolgente musica cajun.
La spettatrice
Regia e sceneggiatura di Paolo Franchi, con Barbora Bobulova e Andrea Renzi, Italia, 2003, Luce.
Le note di FuoriSchermo: i silenzi e le ombre, gli sguardi e i pensieri. Non le parole. I sentimenti evidenti ma al tempo stesso crudi e necessari per sopravvivere. Anche se sono quelli degli altri.